Qualche giorno fa è caduto l’anniversario di un fatto che rappresenta la “croce e delizia” di tanti appassionati calciofili: l’esordio della prima maglia da calcio sponsorizzata.
Artefice di questa “rivoluzione” fu l’Eintracht Braunschweig, compagine tedesca dell’omonima città della Bassa Sassonia, che esattamente quarant’anni fa in Bundesliga diventò la prima squadra di calcio a scendere in campo con un marchio commerciale sul petto, quello del liquore Jägermeister.
Ma cominciamo dal principio: come si arrivò a ciò? Bisogna partire da lontano, ricordando come fin dai suoi pionieristici albori, il calcio divenne ben presto lo sport nazionale in gran parte dei Paesi europei, grazie alla sua facile presa sulle masse che gli diede immediata popolarità. Era quindi naturale che le aziende si accorgessero presto di quale forte medium rappresentasse questo sport, ideale per poter veicolare e pubblicizzare i propri prodotti.
L’intraprendenza della pubblicità si scontrò però per decenni coi divieti posti dalle federazioni calcistiche nazionali, le quali non vedevano di buon occhio il possibile approdo degli sponsor nel modo del calcio: all’epoca infatti era ancora radicato il concetto della cosiddetta “purezza” dell’agonismo, di conseguenza si riteneva che tale aspetto dovesse essere protetto a tutti i costi da qualsiasi intento commerciale. Ciò andava a cozzare con quanto avveniva contemporaneamente in altri sport, come il ciclismo e la pallacanestro, che già da tempo avevano aperto le proprie frontiere alle sponsorizzazioni.
Per diversi anni, l’unica possibilità per i grandi marchi di ottenere visibilità nel calcio, rimase circoscritta alla cartellonistica negli stadi e alla pubblicità tradizionale sui mezzi di comunicazione. Si arrivò così agli anni settanta, forieri di novità per il panorama calcistico sotto tutti gli aspetti, sia dal punto di vista tecnico e tattico — col calcio totale degli olandesi, che rivoluzionò il tradizionale modo di giocare —, sia da quello della comunicazione — con l’avvento del marketing, che iniziò faticosamente a farsi largo anche in questo settore.
–
In questo contesto, all’inizio della decade, l’Eintracht Braunschweig era una piccola squadra di secondo piano della Bundesliga, quella che noi italiani chiameremmo una “provinciale”: l’unico suo exploit, il sorprendente titolo nazionale della stagione 1966-1967, apparteneva ormai al passato, mentre ora la società nata nel 1895 versava in crisi, sia sul piano sportivo che su quello finanziario: oltre alla mancanza di risultati, il club era rimasto coinvolto in uno scandalo legato al pagamento in nero di alcuni suoi giocatori, mentre l’ammodernamento dello stadio aveva contribuito a svuotare le casse societarie.
Nel 1971 arrivò alla presidenza del club Ernst Fricke, che cercò subito un sistema per risanare la società; contemporaneamente, Günther Mast, proprietario dell’azienda di liquori Mast-Jägermeister, era a sua volta in cerca di nuove vie per reclamizzare i propri prodotti.
L’incontro tra questi due mondi portò a un accordo di massima tra le parti già nell’estate del 1972, secondo il quale l’azienda di Wolfenbüttel si impegnava a corrispondere la somma di 100.000 marchi al Braunschweig, a fronte dell’esposizione del proprio marchio sulle divise da gioco della squadra. Al contempo iniziarono i contatti col Deutscher Fußball-Bund (la Federcalcio dell’allora Germania Ovest) per sondare il terreno e valutare la fattibilità dell’operazione.
Rimaneva però un ostacolo all’apparenza insormontabile: in che modo inserire il logo del cervo sulle maglie gialloblù del club, dal momento che il DFB permetteva di sfoggiare sulle divise unicamente gli stemmi dei vari club?
La soluzione trovata fu semplice quanto geniale: l’8 gennaio del 1973 l’assemblea dei soci dell’Eintracht Braunschweig votò a maggioranza il cambio dello stemma societario del club, che diventò così del tutto identico al marchio Jägermeister; come unica differenza, vennero solo aggiunte al suo interno le iniziali della squadra “E. B.”
Per 145 voti favorevoli e solo 7 contrari, lo storico stemma della compagine sassone — un leone rosso rampante, derivato dall’araldica cittadina — lasciò così il posto al simbolo dell’azienda, il cervo Hubertus di Wolfenbüttel.
Dopo vari rinvii volti a tastare la situazione, il debutto delle nuove maglie sponsorizzate venne fissato per il 24 marzo 1973, in occasione della sfida di campionato contro lo Schalke 04. Nonostante l’escamotage trovato, fino a pochi minuti prima dell’inizio del match la cosa rischiò ugualmente di saltare…
…era infatti stato tralasciato un importante particolare: il DFB consentiva sì l’esposizione dello stemma societario sulle maglie, ma ne limitava la grandezza a un diametro massimo di 14 cm; il cervo presente sulle casacche del Braunschweig raggiungeva invece i 18 cm, misurati personalmente con un righello dallo zelante arbitro della partita, che in ossequio al regolamento — e probabilmente dietro la spinta dei vertici federali — stava quindi considerando la possibilità di impedire ai giocatori sassoni di scendere in campo.
Alla fine prevalse il buon senso, la partita terminò in parità, e un’importante pagina della storia del calcio venne scritta: un tabù era caduto.
Com’è facile immaginare, la comparsa di questa sponsorizzazione provocò all’epoca parecchio scalpore, e i “puristi” non esitarono a gridare allo scandalo; ipotizziamo invece come la Jägermeister fosse ben felice di questo improvviso battage pubblicitario che la vide protagonista. I tifosi si divisero: da una parte c’era chi pensava che questo tipo di operazioni commerciali fossero ormai inevitabili, dall’altra c’erano invece coloro che non volevano assolutamente vedere i loro beniamini trasformati in dei “cartelloni pubblicitari”.
Il DFB cercò inizialmente di opporsi, ma in un campionato in cui i calciatori venivano ancora equiparati allo status di semi-dilettanti, la prospettiva della proliferazione di pagamenti sottobanco fece presto alzare bandiera bianca alla Federazione, che dalla stagione successiva aprì le porte del calcio tedesco all’arrivo degli sponsor. All’inizio del torneo 1973-1974, altri club della Bundesliga decisero di seguire l’esempio dell’Eintracht Braunschweig, come l’Hamburger SV (Campari), l’Eintracht Frankfurt (Remington), il Fortuna Düsseldorf (Allkauf) l’MSV Duisburg (Brian Scott) e il Bayern Monaco (adidas).
Nella stessa stagione, spinti da quanto stava avvenendo in Bundesliga, all’estero furono vari i campionati che decisero di liberalizzare a loro volta l’inserimento degli sponsor sulle maglie: tra le tante, divenne subito iconica in quegli anni la casacca verde dei francesi del Saint-Étienne, realizzata da Le Coq Sportif, con colletto tricolore e il grande marchio Manufrance a coprire quasi interamente il petto (cosa che portò all’immediata nascita del soprannome “maglia Manufrance”).
In campo internazionale, i successivi Mondiali del 1974, disputatisi proprio in Germania Ovest, sancirono invece l’arrivo degli sponsor tecnici nel mondo delle divise nazionali.
–
Tornando al Braunschweig, al termine del campionato 1972-1973 la compagine gialloblù, penultima, retrocesse nella Regionalliga Nord. L’esito amaro delle stagione non deve però trarre in inganno: l’accordo commerciale portò grossi benefici al club sassone, che l’anno successivo centrò subito il ritorno in Bundesliga e, con le casse societarie ben rimpinguate dal famoso liquore, in pochi anni fu protagonista di una fulminea scalata ai vertici del calcio teutonico, sfiorando nel torneo 1976-1977 il suo possibile secondo titolo nazionale (chiuse al 3° posto, a una sola lunghezza dal Borussia Mönchengladbach campione, e dietro allo Schalke 04 solo per la peggior differenza reti).
I lusinghieri campionati disputati dall’Eintracht in questi anni, permisero a molti suoi giocatori di approdare nelle fila della Nazionale tedesca. Alla vigilia dell’annata 1977-1978, la squadra riuscì perfino a strappare al Real Madrid il centrocampista Paul Breitner per la cifra di 1.600.000 marchi, garantendo a sua volta al giocatore un ingaggio di 400.000 marchi; nessun altro club tedesco era all’epoca in grado di spendere tali cifre.
Rimase questo il punto più alto del sodalizio tra Eintracht Braunschweig e Jägermeister. L’arrivo di Breitner provocò malumori e invidie negli altri componenti della squadra; a sua volta il campione tedesco non si ambientò (andandosene, dopo una sola stagione, al Bayern Monaco), e la compagine gialloblù terminò il campionato al 13° posto.
Il liquore continuò a campeggiare sul petto dei calciatori sassoni fino al 1987, ma già nel 1985 il Braunschweig retrocesse, mancando da allora dal palcoscenico della Bundesliga; nel 1983 lo stesso Günter Mast ottenne la presidenza del club, e fu fatto anche un tentativo per cambiare la denominazione societaria della squadra, trasformandola in Jägermeister-Braunschweig, ma stavolta la proposta venne seccamente rispedita al mittente dal DFB.
Facciamo ora un breve salto ai giorni nostri: l’Eintracht Braunschweig milita in questa stagione nella Zweite Liga, la seconda serie tedesca; grazie ai gol dell’attuale capocannoniere del torneo Dominick Kumbela, il club gialloblù occupa al momento il 2° posto in classifica dietro alla capolista Hertha Berlino, ed è molto vicino al ritorno in Bundesliga dopo un’assenza dal massimo campionato quasi trentennale.
La squadra veste oggi delle casacche Puma molto classiche, che come elementi distintivi presentano bordini delle maniche abbastanza marcati, e sul petto delle cuciture a mo’ di pinstripes, dall’effetto tono su tono; sponsor principale è l’istituto finanziario Volkswagen Bank. La prima divisa è composta da una maglia gialla, senza scollo, con bordini blu, pantaloncini a loro volta blu con riga laterale gialla, e calzettoni anch’essi gialli con risvolti blu; la divisa da trasferta presenta lo stesso kit, ma a colori invertiti.
Termina qui il racconto della prima sponsorizzazione di maglia nella storia del calcio. Per dovere di cronaca, dobbiamo specificare che si è qui parlato della prima sponsorizzazione “ufficiale” nel calcio, ovvero la prima di cui è rimasta testimonianza nei referti e nei documenti storici; è infatti possibile che, in altre parti del mondo, precedentemente al 1973 abbiano avuto luogo dei tentativi ed esperimenti “ufficiosi” in tal senso, di cui però non è rimasta oggi traccia.
Dopo quarant’anni, che idea vi siete fatti dell’argomento: uno sfregio alla maglia, o un’inevitabile necessità?
Nei prossimi giorni tratteremo in maniera più approfondita l’arrivo delle sponsorizzazioni nel calcio italiano.