È stato presentato ieri il nuovo logo del Bari, il galletto sparisce (ma non del tutto) dal simbolo ufficiale.
Il cambio di rotta e il rinnovato dinamismo impresso dalla nuova società è più che visibile, tuttavia viene così a mancare un altro dei simboli più caratteristici del nostro calcio, il noto galletto stilizzato, sostituito da uno stemma tutto nuovo che è stato presentato ieri mattina con una conferenza stampa presso il Portico dei Pellegrini di fronte alla Basilica di San Nicola.
In realtà qualcosa del precedente stemma resta eccome, si tratta della cresta del vecchio gallo, riutilizzata identica a com’era tranne che per la direzione: ribaltata, per guardare avanti. La cresta sormonta la scritta della denominazione societaria, posizionata in obliquo a simboleggiare una nuova ascesa che a sua volta è sottolineata da 11 “linee cinetiche”.
L’intera composizione è racchiusa da un cerchio dorato: l’aureola di San Nicola, intrecciato al bianco e al rosso: i colori della città, che poi sono gli stessi della compagine calcistica.
La presentazione di oggi è il frutto delle vicissitudini che hanno accompagnato i biancorossi attraverso una stagione tutt’altro che noiosa durante la quale sono andati incontro ad un’asta fallimentare che si è conclusa il 20 maggio 2014 con l’acquisto del titolo sportivo e di ogni bene aziendale da parte dell’ex arbitro Gianluca Paparesta. L’acquisizione da parte di un nuovo proprietario è stata sollecitata attraverso un’estrosa iniziativa virale sui social network (#compratelabari) e a fine stagione la squadra è riuscita ad agguantare i play-off e sognare il ritorno in serie A (poi sfumato) in uno stadio stracolmo.
Il vecchio logo, è bene specificarlo, era compreso nel pacchetto che si è aggiudicato Paparesta e quindi nella piena e libera disponibilità della società, tuttavia, evidentemente per segnare in maniera più decisa il passo, è stato scelto di disegnare un altro stemma; il vecchio però non scomparirà, apparirà ancora e spesso – assicura in conferenza stampa il presidente – soprattutto sul merchandising.
La storia del galletto
Il galletto fa la sua prima comparsa a Bari all’inizio degli anni ’30, quando per la scelta della mascotte (e non del logo!) ci fu una fiera polemica giornalistica tra due colleghi, Paolo Magrone (della Gazzetta del Mezzogiorno) e Alfredo Bogardo (di Cinesport), entrambi scomparsi, ma che sono stati tra gli iniziatori del giornalismo sportivo in Puglia. Il Bari era appena nato dalla fusione tra Ideale e Bari (che era l’ex Liberty con il nome già cambiato). Ci voleva un simbolo, come era allora di moda.
L’usanza delle mascotte fu lanciata direttamente dalla fantasia di “Carlin” Bergoglio, grande redattore del Guerin Sportivo, giornalista, disegnatore, umorista e scrittore. Aveva pensato di semplificare l’appartenenza a un campanile individuando un simbolo per ogni squadra, attingendo soprattutto al mondo animale (infatti le chiamò animalìe) e classificando la raccolta sotto il titolo Araldica dei Calci. Il settimanale invitava così i suoi corrispondenti locali a interrogare gli sportivi della propria città e, per mezzo di un referendum su qualche testata locale, decidere in base a colori sociali, stemma cittadino o maschera del posto, un animale o comunque un personaggio da abbinare alla società calcistica.
Anche i baresi ebbero il loro referendum. I colori erano quelli della città, bianco e rosso, già scelti dall’ex Liberty che insieme al vecchio nome aveva anche ripudiato il bianco e blu dello stemma provinciale. Paolo Magrone lanciò “Pettirossi”, Alfredo Bogardo propose “Galletti”.
Stravinse la seconda proposta, che fra l’altro era stata già anticipata dalla matita di Carlin Bergoglio sul Guerin Sportivo nel 1928, e questa idea del galletto, aggressivo, pronto alla zuffa, vivace e intraprendente finì col prevalere.
Il più recente pittogramma stilizzato, invece, venne proposto nella stagione 1979-80 allorché il Bari si affidò ai compassi dello sponsor tecnico Pouchain, prima ditta in Italia ad accorgersi del potenziale economico derivante dalla vendita del merchandising, che proponeva alle proprie squadre nuovi marchi, più moderni e riconoscibili nonchè più facili da riprodurre.
Le matite della Pouchain erano guidate dal grande designer Piero Gratton, autore – solo per citare alcuni esempi – del logo della UEFA, del lupetto della Roma nel 1978 e degli europei del 1980 e che, secondo alcune fonti, sfornò anche il suddetto pennuto: un segno dal grande potenziale che non sempre è stato sfruttato adeguatamente dalla società pugliese che negli anni lo ha troppo spesso ingabbiato in toppe ovali che ne hanno tarpato la forza comunicativa.
In conclusione
Sicuramente il nuovo logo non mancherà di scatenare polemiche e già abbiamo potuto cogliere una certa ironia sui social network, mentre agli estimatori della sintesi grafica anni ’80 scenderà già qualche lacrima per l’ennesimo simbolo caduto sotto i colpi del restyling, tuttavia forse un cambio era necessario ma… c’era proprio bisogno di spennare il galletto?