Con la presentazione delle nuove maglie è stato rivelato anche il nuovo stemma del Bari che, dopo due anni di Paparesta, finisce nelle mani di Cosmo Antonio Giancaspro il quale annuncia un ritorno al passato.
Nel 2014 il sodalizio biancorosso, salvato per i capelli (per la cresta?) dal baratro del fallimento, fu totalmente stravolto nell’immagine per ridare vitalità ad una società più che mai agonizzante e segnare il netto cambio di passo: via il vecchio galletto stilizzato, evocato attraverso una sineddoche grafica, e via anche la maglia bianca in casa, invertita con la rossa da trasferta.
I cambiamenti avevano sollevato le proteste dei tifosi e in molti avevano manifestato le proprie perplessità. Qualcuno aveva addirittura provato a proporre alternative valide e tra questi compariva già Paolo Baldassarri, autore del nuovo stemma, che aveva lanciato una serie di proposte estremamente simili all’attuale logo. Col tempo, evidentemente, le sue idee, che sul web avevano trovato una certa visibilità, hanno incontrato anche i favori della nuova dirigenza.
Lo stemma del Bari di Paolo Baldassarri
Si torna, dopo pochissimo tempo quindi, a modificare il blasone: si recupera lo scudo ovale biancorosso che ha accompagnato per anni le maglie dei pugliesi, la scritta “Bari” sulla destra e il galletto rivolto a sinistra, sulla sinistra (ma destra e sinistra in araldica si invertono – nda).
La novità è un pallone anni Cinquanta a 18 pezze che fa da piedistallo al pennuto, questa volta ben in posa ed impettito, rappresentato nella sua silhouette privo di qualsiasi tipo di sintesi.
Il progetto si accosta molto alle tendenze degli ultimi anni, si veda la svolta avvenuta sulle maglie della Francia nel 2014, e il marcato sapore vintage è ribadito nuovamente dalle scritte calligrafiche sotto al nome assieme all’anno di fondazione dell’Ideale (che diede vita, nella sua fusione con la Liberty, al Bari).
Il nuovo cambiamento pone sicuramente degli spunti interessanti, soprattutto se pensiamo al ruolo e al modo in cui è stata recepita l’opinione dei tifosi in confronto a ciò che avviene oltremanica.
Per quanto concerne la storia del galletto, infine, di come sia diventato la mascotte della squadra e riguardo alla nascita, in generale, delle altre mascotte calcistiche italiane, oltre al già citato articolo in apertura rimandiamo al pezzo su Carlin Bergoglio, sempre utile per capire le basi del bestiario nel pallone.