Buenos Aires è una grande metropoli trasformatasi negli anni in una delle capitali più importanti e moderne dell’America Latina. Viva, ricca di contrasti, città delle rivoluzioni e delle forti passioni e che riesce a conservare ancora le proprie tradizioni senza dimenticare le sue origini coloniali evidenti in molti edifici, ma nemmeno i suoi immigrati, giunti da tutto il mondo in cerca di fortuna, che hanno contribuito con i loro gusti e le loro passioni alla sua evoluzione.
Culla del tifo calcistico, trasuda fútbol da tutti i barrios (quartieri), un fervore fatto di bandiere dei club, gadget, murales, chiacchiere da bar, campetti in erba, cemento o asfalto. Il legame tra la città e il gioco del calcio è palpitante, vorticoso: dietro ogni strada si può trovare un campetto affollato da giovani e dentro ogni isolato si può trovare uno stadio.
È lo sport più seguito in Argentina, un passatempo per gran parte della popolazione e Buenos Aires è senza alcun dubbio fra le poche città al mondo ad avere la più alta concentrazione di squadre all’interno del suo tessuto urbano. Club che affondano le loro radici nella storia dei singoli quartieri, dando vita a molteplici derby e rivalità calcistiche, espressione di tradizione, identità locale e popolare. La capitale del fútbol è la sede di uno dei più importanti e agguerriti derby al mondo, conosciuto come il Superclásico, che vede contrapporsi le due maggiori squadre della nazione, il Boca Juniors e il River Plate, con la particolarità che entrambi i club hanno in comune il loro quartiere di origine: La Boca.
La Boca, letteralmente “La Bocca” intesa come entrata, è un barrio situato a sud – est della capitale e sorge sulla foce (in spagnolo: boca, da cui prende il nome) del Riauchelo o Río Matanza, il fiume che attraversa la città e sfocia nel Río de la Plata. Nato come porto fluviale nella prima metà del XIX secolo, è stato per lungo tempo la porta d’ingresso dell’Argentina per milioni di marinai, profughi, delinquenti e immigrati.
Un quartiere talmente variegato da rendere impossibile un’identificazione etnica del tipico nativo di Buenos Aires, così da dover inventare ed assegnare un termine che potesse identificarne questa stirpe: i porteños. La zona portuale, approdo di migranti europei e sinonimo di povertà, di proletariato, di contrasti umorali quotidiani, di lacrime e di allegria, è stata popolata per tanti anni da una folta comunità di italiani provenienti dalla città di Genova, in particolare liguri, che la proclamarono Repubblica Indipendente di La Boca.
Unica e inconfondibile, differente anche nella sua conformazione architettonica: un agglomerato urbano in cui gli edifici sono formati da blocchi geometrici di continue ed irregolari sovrapposizioni che emergono rispetto al piano stradale per evitare le inondazioni dovute alla vicinanza con il fiume, sporco e fangoso, che vi scorre affianco cercando la sua foce. Le abitazioni sono realizzate con materiale precario e composte dagli scarti dei cantieri navali, tetti in lamiera grecata e controventi in legno marcio, spennellati da ciò che resta delle vernici usate per tinteggiare le barche e poiché la vicinanza al fiume ha prodotto molti problemi con l’umidità, gli abitanti usavano dipingere le loro case per evitare che si bagnassero. Questa è l’origine che ha reso famoso e caratteristico il quartiere in tutto il mondo.
Attualmente è uno dei barrios più celebri e visitati della capitale argentina perché nessun luogo ha i colori di Caminito, la strada principale, infatti le navi che sostano servono solo da delizioso sfondo per le foto ricordo dei turisti. Non essendo più una zona portuale La Boca rimane pur sempre un quartiere povero, che però rappresenta al meglio l’essenza della città di Buenos Aires, divisa in due tra agiatezza ed estrema povertà. L’unica ricchezza del luogo è racchiusa solo in quei due colori, il blu e il giallo, che trovi ovunque e decorano le strade del barrio: sui muri, nelle bandiere appese alle finestre, tatuati sulla pelle olivastra e impressi soprattutto nell’anima della sua gente.
Il Club Atlético Boca Juniors, meglio noto come Boca Juniors, è una società polisportiva argentina con sede nella città di Buenos Aires. Attivo in numerose discipline ed è conosciuto a livello internazionale principalmente per la sua sezione calcistica, che milita ininterrottamente in Primera División, la massima serie del campionato di calcio argentino, dalla quale non è mai retrocesso.
È il club più longevo e titolato della nazione, avendo vinto nei suoi oltre cento anni di storia molti titoli nazionali e internazionali, vantando un palmarès composto da: 34 Campionati Nazionali, 1 Coppa Diego Armando Maradona, 3 Coppe d’Argentina, 1 Supercoppa d’Argentina, 3 Coppe Intercontinentali, 2 Coppe Sudamericane, 4 Recope Sudamericane, 6 Coppe Libertadores, 1 Supercoppa Sudamericana, 1 Copa Master de Supercopa ed 1 Copa de Oro Nicolás Leoz. Il Boca Juniors con i suoi 18 trofei riconosciuti dalla CONMEBOL si colloca al terzo posto, alla pari con il Milan e l’Independiente e dietro all’Al-Ahly (21) e al Real Madrid (27), per trofei confederali ed interconfederali vinti, nella classifica dei club calcistici più titolati al mondo.
La nascita del club
Verso la fine del XIX secolo migliaia di italiani si imbarcavano dal belpaese, in cerca di fortuna con destinazione Sud America. La speranza era quella di poter costruire un futuro migliore lontano dalla miseria che all’epoca opprimeva alcune regioni italiane. Tra le mete più ambite c’era l’Argentina. Ogni giorno sbarcavano centinaia di italiani, provenienti da diverse regioni del sud e del nord Italia, destinati nelle aree peggiori della città di Buenos Aires e costretti a vivere in condizioni quasi impossibili e disagiate. Molti di loro si stabilirono in un quartiere popolare con una reputazione pessima, un covo di pescatori e tagliagole, nel barrio La Boca.
In questo contesto sociale, tutt’altro che semplice, il 3 aprile 1905 un gruppo di giovani ragazzi immigrati di origine prevalentemente italiana fra cui: Esteban Baglietto, Santiago Pedro Sana, Alfredo Scarpatti, i fratelli Teodoro e Juan Antonio Farenga, si riunirono in Plaza Solís, seduti su una panchina, per fondare una club calcistico con l’intento di svagarsi dopo le lunghe ed estenuanti ore di lavoro nel porto.
Per prima cosa si chiedevano come chiamarlo e poiché bisognava onorare il quartiere, quindi la propria casa, fu scelto “Boca“; un nome che non poteva restare solo anche per mascherare la cattiva reputazione che veniva data al barrio. Occorreva qualcos’altro per emanciparsi, suscitare un fascino oltre oceano e diventare internazionali. Il primo pallone vero, era stato donato ai ragazzi da un marinaio inglese, ragion per cui il termine Boca fu affiancato da una parola anglofona “Juniors“, che all’epoca non solo conferiva un carattere professionale alle squadre calcistiche e dava anche un’impronta britannica, secondo la moda vigente in Argentina, ma rappresentava soprattutto la giovinezza.
Nacque così la più famosa e popolare di tutte le squadre di calcio della nazione: il Club Atlético Boca Juniors. Nessuno di questi ragazzi avrebbe potuto immaginare cosa sarebbe successo quando si riunirono e che più di un secolo dopo, il club avrebbe vinto così tanti titoli e sarebbe stato seguito da milioni di tifosi sparsi in tutto il mondo.
La scelta dei colori
Dopo la scelta del nome non rimaneva altro che assegnare i colori sociali del neonato club. Nel 1905, primo anno di attività del Boca Juniors, la squadra aveva indossato due diverse divise da gioco che non ebbero molta fortuna. La prima era composta da una maglia bianca con strisce verticali di colore nero, pantaloncini bianchi e calzettoni neri; la seconda, invece, sostituiva solo la maglia adottando il colore celeste.
Successivamente, nel 1906, i dirigenti del club decisero di abbandonare questi due modelli e ritornare all’utilizzo delle strisce, ma con un cambiamento: erano più sottili e numerose ed il modello della maglia includeva un colletto innovativo con righe orizzontali e bottoni.
Qualcosa non convinceva ancora i giovani fondatori del Boca sull’utilizzo dei colori e del modello della divisa da gioco; le strisce furono abolite, bisognava dunque scegliere una nuova veste cromatica, ma a tal riguardo non c’è l’accordo unanime tra i membri e quindi decisero, in una giornata particolare del 1907, di lasciar scegliere la sorte:
È curiosa la leggenda che cerca di spiegare l’origine: uno dei ragazzi, un tale Juan Rafael Brichetto (presidente del club dal 1906 al 1907), lavorava al porto e di mestiere era manovratore di uno dei ponti d’ingresso ed ebbe l’idea proponendo al gruppo di accompagnarlo al molo e che si sarebbero adottati come colori quelli della prima nave che avrebbe attraccato al porto de La Boca.
Molti raccontano che la prima imbarcazione avvistata fu la Drottning Sophia, per alcuni la Prinsessan Ingeborg e per altri ancora la Oscar II; l’unica certezza comune a tutti è che sventolava a poppa un vessillo: la bandiera svedese.
La decisione fu subito preso e da quel giorno in poi la divisa da gioco ufficiale del club utilizzò per la prima volta i suoi storici colori, il blu e il giallo, o come preferiscono gli Xeneizes: Azul y Oro. I colori che hanno arricchito gli ultimi 116 anni di vittorie e scudetti, coppe internazionali, aneddoti, grandi giocatori e di una passione per il gioco del calcio che va oltre lo sport perché la squadra identifica tutto il quartiere.
La squadra dei “genovesi”
Il barrio de La Boca ebbe una forte immigrazione di italiani, in particolare liguri, i quali avevano introdotto il loro modo di parlare: Zena è Genova in dialetto e Zeneize significa genovese, termine da cui deriva Xeneize, soprannome assegnato al club e ai suoi tifosi fin da subito. L’iniziale si è trasformata in “X” quando la parola ha subito un processo di castellanizzazione nel miscuglio di genovese, italiano e castellano, parlato in quel quartiere fluviale di Buenos Aires.
Le origini dello stemma
Nel corso degli anni lo stemma del club ha subito diverse modifiche nella sua evoluzione stilistica, nonostante continui ad essere una delle entità più antiche del Sud America oltre a rimanere una piccola gemma tra i loghi del mondo sportivo che non passa inosservato agli occhi di tutti gli appassionati di calcio.
1922 – 1955
Lo stemma presenta le iniziali del club CABJ (Club Atlético Boca Juniors) con i colori sociali, blu e giallo, su uno sfondo bianco ed una fascia orizzontale che attraversa centralmente lo scudo.
1955 – 1960
Per celebrare il cinquantesimo anniversario della fondazione del club è stato realizzato un nuovo stemma. La colorazione è modificata per richiamare l’aspetto della maglia da gioco: lo sfondo è blu, rimane la fascia centrale interamente gialla su cui ci sono le iniziali CABJ di colore nero e sono stati aggiunti due ramoscelli di alloro ai lati dello scudo.
1960 – 1970
Le foglie di alloro sono state abolite, lo scudo è contornato da un bordo nero e la fascia centrale sostituisce al suo interno le iniziali del club con la denominazione sociale Boca Juniors.
1970 – 1981 • 1983 – 1996
Un nuovo cambiamento avvenne negli anni 70. Ritornano le iniziali CABJ sull’iconica fascia gialla orizzontale, posta centralmente, scritte con un nuovo carattere tipografico. All’interno dello scudo è stata introdotta una novità, voluta dal presidente Alberto José Armando, l’aggiunta delle stelle in riferimento ad ogni titolo conquistato dal club.
1981 – 1983
In questi anni è la prima volta che la maglia da gioco del Boca Juniors presenta uno stemma cucito sul lato sinistro del petto all’altezza del cuore. Lo scudo è sostituito con quattro stelle ed ognuna contiene al suo interno l’iniziale delle lettere che compongono l’acronimo CABJ.
1996 – 2021
Il club ha presentato un nuovo stemma realizzato dal famoso graphic designer argentino Ronald Shakespear, basato su una nuova immagine grafica. Il restyling è stato preceduto dalla conduzione di una serie di diversi studi di strategie di marketing, in cui la nuova soluzione presenta un’immagine con un’identità che appare moderna e adeguata al profilo attuale dei milioni di tifosi del Boca Juniors.
I colori presentano tonalità più cariche, le stelle all’interno dello scudo sono aumentate ed è abolita la fascia gialla orizzontale posta centralmente, in cui l’acronimo CABJ è scritto con un carattere tipografico che richiama i college statunitensi. Lo stemma è sempre presente sulle divise da gioco ed è utilizzato su ogni prodotto ufficiale in vendita dal club.
2007 – 2009
Verso la fine degli anni 2000, il club decide di utilizzare un nuovo stemma ritornando con uno stile un po’ retrò. Lo scudo al suo interno mantiene la fascia gialla orizzontale che lo attraversa centralmente, su cui ci sono le iniziali dell’acronimo CABJ, mentre le stelle sono poste solo superiormente ad esso e indicano le tre Coppe Intercontinentali vinte dal Boca.
Lo stemma del Boca è unico come la sua iconica maglia, da sempre ritenuta il primo e vero simbolo dei tifosi Xeneizes, spinti dal forte amore per i colori di questo club che non molla mai e tiene sempre la testa alta anche nei momenti difficili.
La divisa da gioco
Nella storia del Boca Juniors ci sono state molte divise da gioco, indossate da diversi giocatori, che hanno lasciato il segno nel cuore dei suoi tifosi. Tantissimi campioni diventati simboli del club e nessuno di questi è stato e sarà mai dimenticato.
Il cuore del Boca
Definito da Diego Armando Maradona “Il tempio del fútbol” e noto a tutti noi come La Bombonera, è uno stadio mitico che evoca partite epiche e lascia immaginare un’atmosfera unica a tutti coloro che lo hanno sentito celebrare. Si tratta di uno degli stadi più belli e conosciuti al mondo, dovuto al suo indiscutibile calore e per le sue inconfondibili caratteristiche in una sintesi fra gloria sportiva, identificazione e passione popolare.
Sorge incastrato in un isolato fra i palazzi e le case variopinte nel centro del quartiere La Boca, un gigante che incombe sulle vie degli abitanti e sul passaggio dei visitatori. Durante la settimana, lontano dal rumore del fútbol giocato, il fascino dello stadio è intatto e ti accorgi che venire qui almeno una volta è stato uno di quei giorni per cui è valsa la pena vivere.
Gli occhi si riempiono di eterno quando ce lo troviamo davanti ed i colori ti fissano, ti accarezzano, ti accompagnano: il blu e il giallo che dipingono le sue alte pareti esterne dove il rincorrersi delle geometrie, in un intreccio continuo di linee oblique, verticali e orizzontali, regalano l’immagine di un edificio appena assopito, che sembra ancora scosso dall’eco delle oscillazioni dell’ultima partita ospitata. Un vero e proprio colosso capace di diventare un’icona affascinante e opprimente allo stesso tempo e che rappresenta l’anima della sua gente: la casa del Boca Juniors; squadra che ha dovuto girovagare parecchio nel corso degli anni, sin dalla sua fondazione, prima di trovare una sistemazione finale.
I membri fondatori del club hanno sempre visto nella costruzione di uno stadio di proprietà un sogno, quasi un’ossessione. Innanzitutto un luogo dove poter giocare le partite casalinghe, ma soprattutto un simbolo di condivisione ed aggregazione per l’intero barrio, in cui poter diffondere e alimentare la passione sempre crescente nei confronti del Boca. Una casa che conferisse l’illusione di un riscatto sociale migliorativo rispetto alla condizione ereditata dal paese d’origine.
Nel 1937 il sogno degli xeneizes iniziò a diventare realtà. Il presidente di allora, Carmelo Cichero, bandì un concorso di architettura per il progetto di un nuovo stadio che doveva soddisfare le complesse richieste del committente: l’idea di una struttura in grado di accogliere al suo interno la numerosa tifoseria del Boca e doveva sorgere all’interno di un’area dalle dimensioni ridotte per poter ospitare un impianto con un’enorme capienza. Fu scelta la proposta dello studio di progettazione composto dall’architetto sloveno Viktor Sulčič, l’ingegnere José Luis Delpini e il geometra Raúl Bes.
Una vera e propria sfida per gli autori del progetto che sfruttarono la stessa conformazione architettonica delle case del barrio, riuscendo in questo modo non solo a soddisfare le richieste di Cichero, ma anche ad integrare perfettamente lo stadio nel contesto urbano donando all’impianto una verticalità senza precedenti. La costruzione dello stadio iniziò il 18 febbraio 1938 e venne inaugurato il 25 maggio 1940.
Le dimensioni ridotte dell’area a disposizione, indussero l’architetto ed i suoi collaboratori a progettare una particolare forma di impianto, quasi a ricordare una lettera D, in cui la pianta asimmetrica, sebbene dettata da una serie di scelte obbligate, assume la forma di un teatro greco: le tribune disposte quasi a semicerchio ricordano una gradinata, mentre la struttura perpendicolare chiude con una decisa linea retta l’intero impianto, ricalca la fisionomia di un palcoscenico. Diventando il simbolo di una struttura ancora oggi unica nel suo genere e famosa in tutto il mondo.
Secondo la leggenda, si deve all’ingegnere José Luis Delpini il soprannome La Bombonera, commentando il fatto che l’architetto sloveno durante le loro riunioni di lavoro era solito portare con sé una scatola di cioccolatini, in spagnolo bombones, che gli aveva regalato una sua amica, la cui forma era esattamente quella del progetto dello stadio su cui stavano lavorando e che avrebbe ispirato Viktor Sulčič, il quale insieme ai suoi collaboratori, durante gli anni di realizzazione dell’opera architettonica, presero l’abitudine di chiamarla con il nomignolo usato nelle loro conversazioni.
Il nome piacque a tal punto ai fondatori e sostenitori del Boca che da allora, per tutti è noto solo e semplicemente come La Bombonera. Nonostante sia stata intitolata nella sua storia a due grandi presidenti del club, ossia Camilo Cichero, il quale si era incaricato della distruzione del vecchio stadio in legno e della costruzione dell’attuale impianto sportivo, e Alberto José Armando, nomenclatura attuale data a inizio millennio.
Lo stadio al suo interno è una struttura solida e punta ripidamente al cielo, nonostante il poco spazio a disposizione, sfruttando la verticalità delle estreme pendenze vertiginose dei suoi tre anelli sovrapposti delle curve.
Sul lato opposto, invece, c’è l’esile tribuna che oggi ospita palchi disposti su terrazzine sovrapposte lungo cinque piani. In basso c’è qualche fila di posti a sedere, mentre al centro c’è il settore VIP, compreso quello donato a Diego Armano Maradona. L’impressione di essere di fronte ad un muro è concreta perché la parete dei palchi è davvero verticale, e dà la sensazione di trovarsi al cospetto di un tifo inferocito, che sbraita dai balconi di un condominio.
Questa tribuna ospita anche un grande orologio digitale, che scandisce il passare del tempo dalla fondazione del club ad oggi, su cui è scritta la frase El Único Grande, in quanto il Boca è l’unico club argentino mai retrocesso.
In virtù della combinazione della sua unica forma e delle sue imponenti verticalità, il progetto consente allo stadio di assumere un’altra incredibile caratteristica: quella di ampliare a dismisura qualsiasi suono all’interno di esso, rendendolo una cassa di risonanza perfetta dall’acustica infernale, in cui i cori esplodono a ridosso del rettangolo verde da gioco e rimbombano con una litania infinita, così da regalare al Boca Juniors la magia impareggiabile che si anima nei giorni in cui gli Xeneizes scendono in campo.
Quando il volume dei 50.000 che riempiono La Bombonera si alza di tono a livello assordante, si dice che qualcosa d’incredibile accada: tutto inizia a tremare come in preda a uno sciame sismico. Ed è così che le soluzioni architettoniche escogitate in un contesto angusto si sono tramutate magicamente in leggenda.
Ritenuto una vera e propria fortezza, lo stadio in cui mezza città si riversa ogni volta che gioca la squadra Xeneize. Si potrebbe sostenere che le vibrazioni scaturite dal canto dei tifosi Azul y Oro facciano tremare l’intera struttura, ma non è quello che vi risponderà il popolo della Boca. Vi guarderanno seri e vi diranno che quelle sono le pulsazioni dei cuori che riverberano sul campo all’unisono per una sola passione, perchè La Bombonera non trema, è il battito del suo cuore.
La Doce: la tifoseria più calorosa al mondo
La Doce è il nome con cui i tifosi del Boca Juniors sono diventati famosi e la sua denominazione risale ad un tour calcistico svolto nel 1925, dove il club girò l’Europa per disputare una serie di partite amichevoli. Un viaggio epico e glorioso che non solo ha raccolto risultati sorprendenti contro le forti squadre del vecchio continente, ma è stato un momento culminante e fondamentale nella storia del Boca Juniors.
L’idea nacque dall’AFA con l’intento di inviare un club calcistico in Europa per rappresentare la propria nazione, accettando la richiesta dei dirigenti del Boca Juniors che si offrirono di inviare la propria squadra, con appena venti anni di esistenza, perché videro in quest’opportunità l’occasione giusta per l’umile club di quartiere di espandere i propri confini, diventare popolare in tutta l’Argentina e iniziare ad essere nominato anche nel resto del mondo.
La delegazione del club era accompagnata da una persona, figura chiave di quel viaggio, Victoriano Caffarena. Un tifoso fanatico del Boca, il quale si prestò ad aiutare la squadra in qualsiasi cosa, fungeva da sostegno morale, massaggiatore, tecnico e delegato, stabilendo un forte rapporto con i calciatori. Sebbene provenisse da una famiglia benestante, finanziò l’intero tour pagando anche il viaggio ad ogni giocatore. Senza di lui il famoso evento non sarebbe stato possibile, un solo tifoso il cui ruolo è stato così decisivo e sembrava che la squadra avesse un giocatore in più. In riconoscimento del suo contributo non solo economico, ma soprattutto umano, uno dei membri della delegazione del club lo soprannominò: “Il giocatore numero 12”, una denominazione che è stata successivamente applicata a tutti i tifosi del Boca Juniors.
La squadra al rientro a Buenos Aires era attesa da una folla di persone che li ha accolti come eroi e fu un evento storico perché l’enorme successo ottenuto dal Boca Juniors ha portato conseguenze immediate per il club. La squadra è stata acclamata dai media che dai tifosi, ottenendo riconoscimenti e popolarità. Se prima il Boca era considerato una squadra locale, il risultato del tour europeo lo ha reso successivamente un’istituzione nazionale con tifosi in tutto il paese.
Oggi a rimarcare il maggior numero di tifosi in Argentina è proprio lo slogan dell’attuale Doce che recita la frase La Mitad Más Uno (tradotto in italiano significa La Metà Più Uno).
Ritenuta una delle curve più spettacolari al mondo, famosa soprattutto per il suo calore umano e la passione che i tifosi trasmettono durante i match casalinghi della propria squadra.
“La Bombonera no tiembla, late !” (La Bombonera non trema, batte !) intonano i supporters argentini nei loro cori incessanti fino all’ultimo minuto.
È proprio quel battito di entusiasmo che rende la tifoseria boquense una delle più calde al mondo, in grado di incutere timore a qualsiasi avversario che si trova completamente circondato dai colori Azul y Oro.
Un tifo reso ancor più unito e popolare per la loro vicinanza al rettangolo verde da gioco, che La Bombonera offre, in cui trovare i biglietti per le partite è quasi impossibile, ma se doveste riuscire ad assistere ad un match casalingo del Boca di certo non rimanete delusi.
Sono trascorsi più di cento anni e nessun club calcistico, oltre oceano, riesce a suscitare più emozioni di quante ne abbia regalato il Boca Juniors. Forse perché ha fatto nascere tantissimi campioni come Maradona o sarà perché non è la storia di un club normale, che ha scritto intere pagine del fútbol argentino, sudamericano e mondiale, portando sempre in alto il nome del suo barrio e soprattutto della sua gente che incarna quel carattere caparbio diventato un tratto imprescindibile anche per chi, oggi, indossa la maglia Azul y Oro.
Una lunga storia quella del Boca, il club più amato al mondo, dove l’amore non sta per numero di quantità di sostenitori, ma è inteso nel sangue che ribolle per un solo simbolo.