Dov’eravate il 25 settembre scorso? Avete fatto qualcosa d’importante, o di cui conserverete il ricordo per il resto della vostra vita? Probabilmente, penserete, per la maggior parte di voi è stato un giorno come tanti, in Italia, in Europa come nel resto del pianeta.
Non in America, non a New York, non per Derek Jeter.
Se c’è uno sport che più di altri è sinonimo di stars and stripes, questo è sicuramente il baseball. Più del basket dove gli americani sono maestri, ma che ormai è giocato in ogni angolo del globo dove sia presente un canestro; più del football, forse la disciplina più popolare dall’Atlantico al Pacifico, ma non troppo dissimile dal più convenzionale rugby praticato in mezzo mondo.
Il baseball, invece, nonostante le sue origini incerte e la sua pur vasta diffusione sulla Terra, mantiene il suo cuore pulsante in America, l’unico luogo — o quantomeno, il più importante — dov’è giocato, seguito e tifato ai massimi livelli.
Fuori dagli Stati Uniti, sono relativamente pochi coloro in cui tale sport ha fatto breccia, mentre per tanti rimane, semplicemente, una serie incomprensibile di lanci e battute dettate da altrettanto incomprensibili regole… Tuttavia, anche la persona più a digiuno di baseball non può, almeno una volta nella vita, non aver riconosciuto uno dei più famosi monogrammi nella storia dello sport mondiale.
Una ‘N’ e una ‘Y’ che s’intersecano a formare l’acronimo della grande mela, usando come colori un semplice bianco e un tenue blu. È, dal 1913, il simbolo dei New York Yankees ma non solo: nell’arco di un secolo, quelle due lettere sono diventate più di un logo societario, un tratto grafico affrancatosi dallo sport e divenuto una griffe conosciuta a ogni latitudine.
Negli ultimi vent’anni, cucito sulla sua casacca, è questo il simbolo che ha accompagnato la carriera di Derek Jeter. Potremmo citare le sue 5 World Series in bacheca, e di seguito tutta una serie impressionante di record e statistiche… ma le nude cifre non possono rendere minimamente quel che ha rappresentato nella storia di questo sport.
Fedele unicamente ai suoi Yankees, Jeter è stato sì uno dei migliori giocatori della sua epoca ma, oltre ogni cosa, soprattutto il più amato di tutti. Un uomo capace di raccogliere un consenso trasversale dall’intero mondo del baseball. Una carriera esemplare, riconosciuta tale anche dai più accesi avversari degli Yankees, per una casacca n. 2 che è già nell’olimpo dei più grandi.
Quando nel febbraio scorso, Derek annunciò che sarebbe stata questa l’ultima sua stagione sul diamante, si è di fatto aperto un lungo periodo di celebrazioni — un rito in cui gli americani, obiettivamente, sanno essere maestri — nell’attesa dell’addio. Un frangente cui non si sono voluti esimere due sponsor di Jeter, Nike e Gatorade, i quali hanno realizzato due intensi spot pubblicitari volti a omaggiare degnamente la carriera del loro campione.
Ogni atleta che scende su di un campo, di qualunque forma o superficie, porta con sè un gesto, un rito, un tic dietro cui allentare la tensione. Quello di Derek, che tutti gli appassionati hanno imparato a conoscere, consiste nel toccarsi la visiera dell’elmetto prima di ogni battuta. Un leitmotiv nei più importanti catini del continente, un misto tra un saluto e un segno di sfida all’avversario.
Proprio questo tratto della personalità di Jeter è stato scelto dallo swoosh, attraverso il marchio Jordan, per imbastire un grande omaggio su celluloide. Stavolta è tutta l’America — dallo Yankee Stadium al più sperduto angolo del continente, dalle persone più famose alle genti più comuni, dai tifosi agli storici rivali — a “salutare” Jeter ripetendo quel simbolico, scaramantico, gesto. Tutti uniti, al solo grido di «RE2PECT».
Meno curato, per certi versi più “sporco” ma ciò nonostante altrettanto coinvolgente, il video realizzato da Gatorade. Uno spot più intimo e personale, nato peraltro da un’idea dello stesso atleta, che ci mostra in prima persona il tragitto ogni volta compiuto verso quella che, per vent’anni, è stata la sua casa.
Sulle note dell’intramontabile My Way, e virato in quel bianco e nero che tanti hanno scelto per raffigurare la città che non dorme mai, Jeter ci rivela il profondo rapporto instaurato coi tifosi degli Yankees e, soprattutto, la gente del Bronx, e quanto tutto ciò sia stato importante, forse basilare, nella sua plurivittoriosa carriera.
Due pubblicità tanto diverse quanto uguali, nel celebrare uno sportivo che ha innegabilmente contrassegnato due decadi di baseball. Un atleta che ha salutato tutti il 25 settembre 2014, come in una perfetta sceneggiatura, dando alla sua squadra il punto della vittoria.
La degna conclusione di una carriera che probabilmente, senza le mille luci di New York a illuminarla, non sarebbe stata la stessa.
Vi piacciono gli spot di Nike e Gatorade per l’addio di Derek Jeter?