Con una lunga trasvolata oceanica andiamo in Messico per incontrare una delle squadre più “pazze” del mondo, quantomeno in fatto di stile. Al contrario di quanto avviene nel vecchio continente, il Club Tijuana è all’inizio di una nuova stagione che, parlando di maglie, segna grandi novità in casa degli Xolos.
Dopo quattro anni sul petto dei calciatori messicani c’è un nuovo marchio, adidas, che prende il testimone da Nike. Il passaggio al brand tedesco segna un deciso cambio di rotta per quanto concerne la divisa rossonera… o forse, d’ora in poi, semplicemente rossa.
Chi conosce la storia di questa giovanissima società, ben sa che dal 2007 a oggi il Club Tijuana ha sempre palesato una certa “instabilità” in fatto di casacche, mostrandosi in campo di anno in anno coi più disparati template — dalle strisce allo spaccato, dalla fascia al palo —, i quali mantenevano tuttavia come filo conduttore un costante elemento, o meglio due: il rosso e il nero, i colori sociali della squadra, che trovavano posto sulla trama del tessuto in maniera quasi paritaria.
Uno schema andato in frantumi all’alba del 2015, quando l’approdo delle stripes più famose al mondo sopra l’uniforme degli Xolos ha dato il là a un corposo makeover della stessa. Almeno in questa stagione, nella Baja California andrà di moda il rosso: è infatti questa la tinta — peraltro in una tonalità più accesa rispetto al passato — che ammanterà la divisa della squadra, un total red che manda in soffitta le vecchie sperimentazioni rossonere.
A ulteriore riprova di una sonora rottura con la tradizione, il classico nero scompare quasi completamente dall’uniforme per far posto all’inedito bianco, colore che quest’anno si erge a tutti gli effetti quale cromia secondaria della casacca. Insomma, un cambiamento piuttosto rumoroso, che a uno sguardo distratto rende quasi irriconoscibile una divisa, fino a ieri, salita alla ribalta soprattutto per la sua audacia in fatto di sartorialità.
La maglia approntata da adidas per la stagione 2015 degli Xolos si presenta alquanto convenzionale, di un rosso che quasi monopolizza una trama illuminata unicamente dal bianco; questo trova posto su di un semplice colletto a “V” e sui bordini delle maniche, nonché sopra le teutoniche stripes che corrono lungo le maniche — ma non sulle spalle.
L’unico stilema che rievoca il recente passato, il caratteristico inserto “scarabocchiato” che riassume tutta la simbologia legata al club, continua a campeggiare al centro del petto ma risulta oggi meno accattivante, affogato com’è da una grande colata di rosso che lo renderebbe di fatto invisibile, se non fosse per due sottili striscioline nere a cerchiarlo.
Una brutta involuzione per questo originale vezzo estetico, la cui opera di “mascheramento” (diciamo così) è completata dall’apposizione del main sponsor sopra di esso; una scelta di marketing che finisce con l’affossare definitivamente quello che, invece, era divenuto il fregio per antonomasia del Club Tijuana.
Quello della réclame, come sappiamo, è un problema ormai sempre più frequente in tanti campionati del pianeta, e il torneo messicano non fa eccezione. Sono infatti numerosi i marchi pubblicitari che vanno a tappezzare l’uniforme degli Xolos, quasi tutti riportati in negativo: una scelta grafica che va a enfatizzare ancor più la nuova dicotomia cromatica proposta dai designer tedeschi, contribuendo forse in maniera definitiva alla percezione di una nuova epoca in bianco e rosso.
A tutto ciò contribuiscono fortemente i pantaloncini che virano anch’essi sul rosso, e sopra cui le tre strisce di Herzogenaurach vengono interrotte da curvilinee code di topo. Completano questa grande cascata rossa i calzettoni, paradossalmente l’elemento più “pulito” della divisa, macchiati dai soli loghi del fornitore tecnico. Davanti all’operato di adidas in terra americana, qualche sostenitore dei Reds sarà forse preso da un briciolo di nostalgia…
La grande presenza di sponsor lungo tutto il completo finisce per inficiare anche sulla resa di nomi e numeri di gioco, letteralmente “stritolati” sulla schiena da marchi spuntanti da ogni dove. Tuttavia, proprio il font scelto per la numerazione tattica si erge in qualche modo a ultimo baluardo della “pazzia” made in Tijuana, per via di un effetto tridimensionale che non pare troppo affine alla generale sobrietà cui è stato improntato il lavoro d’insieme.
Nel retro della maglia, sotto al colletto, scoviamo inoltre una delle rare personalizzazioni sopravvissute al passaggio dallo swoosh alle stripes, la rielaborazione della mascotte societaria — il cane nudo messicano — secondo i tratti della cultura azteca.
All’apparenza non c’è molto da dire sul vestiario dedicato alle trasferte degli Xolos che si propone, almeno per quanto concerne la maglia, come l’esatto negativo dell’uniforme casalinga, eccetto per un più marcato ricorso al nero atto a meglio evidenziare i vari sponsor.
Decisamente rilevante è però l’unica novità che offre questa divisa, delle braghe sopra cui le tre strisce adidas trovano posto in orizzontale, a cerchiare le gambe, anziché in verticale: una soluzione forse insolita agli occhi più giovani, ma che fa invece parte a pieno titolo della storia recente del brand tedesco; spesso sfruttata nel corso degli anni ’90 da blasonati club al di qua e al di là dell’Atlantico, su tutti i Gers, e proprio ai giorni nostri riscoperta da squadre leggendarie come i Millonarios.
Una casacca all white che, tuttavia, finora abbiamo visto raramente in mezzo al campo, e molto più frequentemente tra i legni dell’area di porta… un completo finito spesso addosso ai portieri del Club Tijuana, i quali possono attingere quest’anno a un discreto ventaglio di scelte: oltre alla succitata away, questi hanno infatti a disposizione anche una maglia dedicata, contraddistinta pure questa da stripes collocate in verticale, stavolta sulle maniche, oltre a un’ulteriore proposta più convenzionale, presa dal catalogo Teamwear dell’azienda tedesca.
Tuttavia, è proprio addosso agli estremi difensori della squadra messicana che, abbastanza sorprendentemente, troviamo quell’inventiva scomparsa dalle normali mute degli Xolos. Da quest’anno i capi destinati ai portieri recano infatti, per la prima volta assoluta, lo stesso “scarabocchio” che da sempre ammanta i giocatori di movimento — un dettaglio che i calciofili del bel paese, da ormai un decennio, hanno imparato ad apprezzare sopra le divise sampdoriane.
Una scelta che in qualche modo va a fare pace coi cosiddetti “numeri uno”, uomini troppo spesso dimenticati, e relegati alla loro solitudine ai margini del rettangolo verde. Uomini che, paradossalmente, difendono i colori di una squadra senza poterne vestire la maglia. Uomini che, a Tijuana, stavolta trovano un labile filo a renderli un po’ più parte di quell’undici in campo.
Una scelta che invece, abbastanza curiosamente, non ritroviamo tra le promesse degli Xolos. Per le cosiddette formazioni Sub del Club Tijuana, adidas ha infatti scelto un singolare approccio con una casacca diversa da quella riservata alla prima squadra, per certi versi ultimo baluardo delle cromie del recente passato.
I niños vanno a indossare una maglia rossa sopra cui, per prima cosa, balza all’occhio una generale pulizia data dall’assenza di una cospicua mole di sponsor. Soprattutto, scompare la fascia “scarabocchiata” dal busto, dove risalta solo un marcato inserto bianco che, dipanandosi da spalla a spalla, abbraccia e colora anche la parte terminale dello scollo.
Degni di nota sono però i pantaloncini che si elevano dalla normalità, semplicemente, permanendo nel classico nero e venendo aggiornati unicamente dai tre graffi di adidas, anche qui inseriti nel verso “sbagliato”. È decisamente singolare ravvisare così tanta differenza, in fatto di uniformi, tra prima squadra e giovanili: vi vengono in mente altri precedenti?
Per i più grandi, come abbiamo detto, la nuova stagione sarà invece integralmente segnata dal colore rosso. Una tinta che accompagnerà lungo tutto un anno un Club Tijuana apparso, già dalle prime uscite nel torneo di Clausura, tra le più competitive formazioni della stagione, e pronto a battagliare per il suo secondo alloro di Primera División.
Come giudicate l’esordio di adidas con il Club Tijuana?