Manca pochissimo e poi suonerà il gong che darà ufficialmente il via ad Euro 2016, la rassegna iridata continentale che si terrà in Francia dal 10 giugno.
Sarà un torneo rivoluzionario, il primo a 24 squadre sulla scia del Mondiale. Per prepararci facciamo un passo indietro riavvolgendo il nastro del tempo di vent’anni. La Juventus aveva appena vinto la Champions League a Roma contro l’Ajax. La Coppa Uefa e la Coppa delle Coppe erano finite nelle bacheche di Bayern Monaco e Paris Saint-Germain. Alla radio cominciava a spopolare ‘Macarena’ dei Los Del Rio e l’Inghilterra si apprestava a dare il benvenuto al pallone, che ‘tornava a casa’ (come da celebre slogan) dopo trent’anni di assenza. Era il 1996, il primo Europeo a 16 squadre e quello che, con tutta probabilità, ha riassunto in 31 partite un decennio irripetibile per il calcio del nostro continente. Lo rivivremo insieme, attraverso le storie che hanno caratterizzato quel torneo e le divise che lo hanno reso indimenticabile.
Le nazionali partecipanti
L’eccezionalità di Euro ’96 sta nell’aver concentrato nei campi da gioco d’Inghilterra (non uno scenario qualunque…) l’élite del calcio dell’epoca. Le 16 partecipanti alla fase finale, dunque, erano realmente le 16 nazionali più forti d’Europa. Con qualche eccezione, che non manca mai. Fece rumore la mancata qualificazione della Svezia medaglia di bronzo ad Usa ’94. Tra le selezioni ‘storiche’ manca l’appuntamento anche il Belgio (che può contare su una buona generazione) e la Norvegia, entrambe presenti negli Stati Uniti due anni prima.
LIVERPOOL, 13 DICEMBRE 1995
Oltre alla Svezia, il prologo dello spareggio tra le peggiori seconde della fase di qualificazione ha rischiato di inserire un’altra sorpresa tra le squadre escluse. A giocarsi l’ultimo posto per l’Europeo, infatti, l’Olanda di Guus Hiddink e l’Irlanda di Jack Charlton, al passo d’addio. Teatro della disfida il ‘tempio’ di ‘Anfield’, a Liverpool in una gelida serata di dicembre in riva al Mersey.
Olanda in tenuta bianca (la divisa away di Usa ’94) mentre l’Irlanda scende in campo con la classica divisa verde. Gli ‘Oranje’ schierano una formazione di livello assoluto con il blocco Ajax (campione d’Europa in carica) a fare da protagonista. Ci sono infatti van der Sar, Reiziger, Blind, Seedorf, Bogarde, Davids, Ronald de Boer, Overmars oltre a Kluivert, Bergkamp e a Glenn Helder, carneade che veste la maglia dell’Arsenal. Rispondono gli ‘Shamrock’ con la solidità tipica del calcio di Charlton che gioca molto sulle sponde del ‘pivot’ Cascarino in attacco.
La gara non ha molta storia. L’Irlanda si difende bene, conscia di giocarsi una fetta importante del proprio futuro. L’Olanda di Hiddink però è nettamente superiore in termini di qualità e il fiuto del gol da cobra di Patrick Kluivert permette ai tulipani di chiudere la pratica. Sospiro di sollievo più che grande festa: in un modo o nell’altro, comunque, Euro ’96 è una realtà e la sedicesima partecipante va a completare un quadro che preannuncia 22 giorni di calcio ad altissimi livelli.
L’8 giugno, infatti, ai nastri di partenza si presentano queste Nazionali: Bulgaria, Croazia, Danimarca, Francia, Germania, Inghilterra, Italia, Olanda, Portogallo, Repubblica Ceca, Romania, Russia, Scozia, Spagna, Svizzera, Turchia.
GIRONE A
INGHILTERRA
L’Inghilterra punta fortissimo su Euro ’96, la prima manifestazione ospitata nella terra d’Albione dopo il vittorioso Mondiale di trent’anni prima. Non è un caso, ovviamente, che la Nazionale dei ‘Tre Leoni’ punti alla vittoria finale: ne ha ben donde. Non ha dovuto sostenere il percorso di qualificazione ma può contare su una delle squadre più complete della propria storia. Dopo l’ottimo Mondiale del 1990 era arrivata la grande delusione di Svezia ’92 (eliminazione al primo turno) e la mancata qualificazione ad Usa ’94. Ora Terry Venables (commissario tecnico dal 1993) può vantare un gruppo omogeneo e di qualità. Un onore e un grande onere: non fallire in casa davanti ad un pubblico ed una critica fin troppo esigente.
La selezione dei 22 dell’Inghilterra per Euro ’96, come detto, fa trasparire grande completezza in tutti i reparti. Venables punta su giocatori fidati: in porta c’è David Seaman, in difesa il carisma di Tony Adams, la rabbia di Stuart Pearce con Gary Neville e Gareth Southgate a completare. In panchina gente affidabile come Steve Howey, Sol Campbell e l’altro Neville, Phil. A centrocampo tutta la versatilità del veterano David Platt. Lotta e governo per l’interista Paul Ince e per Steve McManaman. Darren Anderton a fare il cursore al servizio del genio e della follia di Paul ‘Gazza’ Gascoigne, stella della squadra. Riserve di lusso Jamie Redknapp e Steve Stone, mediano infaticabile. In attacco l’erede designato di Gary Lineker: l’infallibile Alan Shearer insieme a Teddy Sheringham. Alternative: Robbie Fowler, Les Ferdinand e Nick Barmby.
L’Inghilterra si presenta alla competizione come sempre accompagnata dal diamante di Umbro. La divisa home è tradizionale ma con elementi che puntano all’innovazione. Il colore, ovviamente, è il bianco. Il colletto è a polo in blu scuro con inserti in maglieria dello stesso colore, bordi bianchi e turchese acceso. Il diamante non è presente sulla maglia, al centro c’è il lettering Umbro che sovrasta lo stemma dei ‘Tre Leoni’ incastonato in uno scudo blu scuro. Molto particolare la cura del font che è dello stesso turchese acceso presente sul bordo colletto.
Rivoluzione assoluta per quanto riguarda la divisa away che abbandona il rosso tipico per approdare ad un grigio inedito. La maglia si presenta con tre fasce: quella centrale grigio scuro, le due laterali grigio chiaro con profili bianchi. Anche le maniche sono così divise: parte alta grigio scuro, parte bassa chiaro. Colletto vistoso con un bottoncino per chiuderlo, bordato di nero, rosso e bianco. Lettering Umbro centrale in bianco, stemma nazionale sotto il quale è ricamata la scritta ‘England’ in stampatello maiuscolo. Per il font viene utilizzata la scelta fatta per la divisa home, solamente che al posto del turchese viene preferito il rosso.
OLANDA
Come abbiamo visto nell’introduzione, l’Olanda di Guus Hiddink ha faticato non poco per partecipare ad Euro ’96, ottenendo il pass per la competizione solamente nell’ultima appendice delle qualificazioni: lo spareggio di ‘Anfield’ contro l’Irlanda nel dicembre 1995.
Nel girone 5, infatti, la grande sorpresa era stata la Repubblica Ceca, prima e capace di mettere in fila gli ‘Oranje’ reduci da un Mondiale positivo negli Stati Uniti ma privi per la prima volta del trio delle meraviglie formato da van Basten-Gullit-Rijkaard e da altri ‘totem’ nazionali come Ronald Koeman. Guus Hiddink può comunque lavorare plasmando un gruppo giovane e di altissimo livello qualitativo, che può attingere a piene mani dalla riserva dell’Ajax (che sta attraversando un periodo floridissimo), oltre che dai soliti Psv Eindhoven e Feyenoord e dalle big di tutta Europa. Un nuovo corso capitanato dal vecchio bucaniere Danny Blind: l’Arancia Meccanica vuole prendersi l’Inghilterra.
La lista dei 22 olandesi è senza dubbio una delle più complete in chiave vittoria finale, anche se non mancano le sorprese. Non certo in porta, dove viene confermato Edwin van der Sar, numero uno dell’Ajax che mette fino all’interregno di de Goey. Il terzo è Ruud Hesp. In difesa il capitano è Danny Blind, coadiuvato da Michael Reiziger e Winston Bogarde. Frank de Boer è costretto al forfait: al suo posto la spigolosità di Jaap Stam. Numan, de Kock e Veldman completano il reparto. Centrocampo di assoluta qualità con tanta quantità: i leader sono Clarence Seedorf, Ronald de Boer, Edgar Davids e l’esperto Aron Winter. Jolly preziosi due fiorettisti come Richard Witschge e Jordi Cruijff (figlio di Johann), se ci sarà bisogno di ringhiare Phillip Cocu è pronto ad uscire dalla panchina.
In attacco tutto ruota attorno al piede fatato di Dennis Bergkamp e allo strapotere fisico in area di uno come Patrick Kluivert. Le alternative sono il giramondo Gaston Taument e lo spilungone dell’Ajax Peter Hoekstra. All’occorrenza c’è anche Youri Mulder dello Schalke 04.
Terzo torneo per l’Olanda targata Lotto. L’azienda italiana ha già proposto kit interessanti per Euro ’92 e Usa’94. Per Euro ’96 ne propone uno che sarà fortemente iconico e riconoscibile ad anni di distanza. La divisa home è tradizionalmente arancione, con una tonalità molto viva. Al centro è riconoscibile una stampa dell’esultanza per il gol di Wim Jonk all’Irlanda, durante il Mondiale negli Stati Uniti. Una scelta coraggiosa che si può amare od odiare, ma che sicuramente fa sì che la maglia venga ricordata. Il leone rampante della ‘KNVB’ è in bianco all’altezza del cuore mentre dalla parte opposta è presente lo stemma ‘Lotto’. Il colletto è a polo bianco (con bordi tricolori rosso-bianco-blu) chiuso da un bottoncino alla base. I bordi delle maniche sono bianchi con la stessa fantasia rosso-bianco-blu del colletto. Calzoncini bianchi e calzettoni arancioni con la parte alta bianca arricchita dal tricolore nazionale.
Ancora più iconica la divisa away, che rimane sulla scia delle precedenti circa la scelta cromatica: il bianco. La parte alta della divisa presenta però un gradiente arancione che provoca un effetto ottico davvero singolare e piacevole. Colletto, bordo maniche e stemmi vari sono uguali alla divisa home. Calzoncini arancio, calzettoni bianchi con la parte alta arancio arricchita dal tricolore. Numeri e nomi in bianco sulla divisa home, arancio su quella away.
SCOZIA
Con Galles ed Irlanda del Nord sempre più ai margini del calcio europeo e l’Irlanda eliminata nello spareggio di Liverpool, tocca alla Scozia provare a rompere le uova nel paniere dell’Inghilterra in casa sua. Tra l’altro, grazie ad un meraviglioso scherzo del destino, la ‘Tartan Army’ di Craig Brown capita proprio nel girone dei ‘Tre Leoni’ di Venables. La Scozia del 1996 non è certo tra le favorite, per di più in un girone così complicato. La generazione che ha permesso di partecipare a tutti i Mondiali partendo dal 1974 è agli sgoccioli ed infatti nel 1994 la squadra delle Highlands non ha preso parte alla rassegna iridata.
La qualificazione è arrivata dopo un girone condotto in maniera comoda e concluso solamente dietro alla Russia e davanti alle possibili outsider Grecia e Finlandia. Brown è il commissario tecnico sin dal 1993 e per la ‘vacanza’ oltreconfine sceglie i migliori 22 possibili. Non ci sono nomi che fanno girare la testa. In porta il dualismo tra Jim Leighton ed Andy Goram viene vinto da quest’ultimo. La difesa poggia sul roccioso Colin Hendry, che si avvale della collaborazione di picchiatori come Stewart McKimmie, Tom Boyd, Colin Calderwood e Tosh McKinlay. Derek Whyte e Craig Burley sono le riserve. A centrocampo la sapiente gestione del pallone del capitano Gary McAllister, assistito da Stuart McCall e John Collins. In attacco John Spencer e Gordon Durie, in rotazione continua con Ally McCoist, Kevin Gallacher e Scott Booth. Eoin Jess e Billy McKinlay i primi cambi a centrocampo mentre Darren Jackson e Scott Gemmill si godono due settimane di villeggiatura.
C’è poco da eccepire: Umbro ha sempre lavorato benissimo per la Scozia, ma nel 1996 decide che almeno sotto l’aspetto delle divise la ‘Tartan Army’ deve essere superiore all’odiata Inghilterra. E così sarà. La divisa home è una delle più iconiche in assoluto per la Nazionale delle Highlands. Umbro propone una divisa blu scuro con un pattern tartan che richiama i kilt scozzesi, con finiture verdi e blu ancora più scuro. Il colletto è a polo bordato di giallo con inserti in maglieria. Le maniche sono monocolore con una fascia che propone a ripetizione il diamante Umbro. Lo stemma della ‘SFA’ è proposto all’interno di un crest ‘old style’ bordato di giallo, che è lo stesso coloro del diamante Umbro. I calzoncini sono identici alla maglietta così come i calzettoni. Numeri e nomi sono in giallo.
La divisa away è rivoluzionaria alla stessa maniera ma ruba meno l’occhio, anche perché ha poco della tradizione scozzese. Bianca di base (come calzoncini e calzettoni) con una fantasia geometrica a punta in blu (tendente al viola) e verde scuro. Crest e stemma nazionale sono al centro così come il lettering ‘Umbro, sempre in giallo. Il colletto è a polo con due inserti in maglieria che convolano in un triangolo verde. I calzoncini presentano la stessa fantasia solamente su un lato (la gamba sinistra del giocatore).
SVIZZERA
Esaurito il gruppo plasmato ad immagine e somiglianza da Karl Rappan, l’inventore del catenaccio, la Svizzera calcistica ha vissuto anni bui fino al timido approcciarsi della seconda generazione degli stranieri nati e cresciuti nei ventisei cantoni. Così Roy Hodgson ha guidato la Nazionale rossocrociata a disputare un Mondiale (quello del 1994) dopo 28 anni dall’ultimo e a qualificarsi al primo torneo Europeo della propria storia, arrivando seconda dietro alla Turchia ed eliminando la quotatissima Svezia (battuta 4-2 a Berna). In Inghilterra però la guida tecnica degli elvetici è il portoghese Artur Jorge, allenatore giramondo e vincitore della Coppa dei Campioni con il Porto nel 1987.
La Svizzera inserita nel girone con Inghilterra, Olanda e Scozia sa di avere poche chances e di giocarsi tutto grazie alla solidità del gruppo. In porta Marco Pascolo (un futuro al Cagliari). La linea difensiva è formata dal capitano Alan Geiger, da Yvan Quentin, Marc Hottiger, Stephan Henchoz e Sebastien Jeanneret, spesso aiutati da Ramon Vega. Il numero 10 è il fantasista del Bayern Monaco Ciriaco Sforza, che duetta con l’altro ‘tedesco’ (Borussia Dortmund) Stephane Chapuisat, vera stella della squadra. A fare filtro il fosforo e la grinta del giovanissimo Johann Vogel. Marcel Koller è la prima riserva, Raphael Wicky e Alexandre Comisetti seguono. In attacco la boa del Rennes Marco Grassi attorno al quale guizza il ficcante Kubilay Türkyılmaz, turco di origine e scaltro per natura. Troppo poco, però, considerando che in panchina siedono solamente Sebastien Fournier e David Sesa: non certo dei fenomeni. Patrick Sylvestre, Regis Rothenbühler e Cristophe Bonvin (per lui qualche scampolo) completano il gruppo.
Come ai Mondiali di due anni prima, la Svizzera si affida nuovamente a Lotto, marchio sportivo italiano. Le divise sono piuttosto classiche e peccano di originalità, visto che le principali innovazioni le possiamo trovare anche nella away dell’Olanda. La maglia home è tradizionalmente rossa con un leggero gradiente bianco sfumato all’altezza delle spalle. Classico colletto a polo bianco bordato di rosso (chiuso da un bottoncino), stemma all’altezza del cuore e marchio Lotto dalla parte opposta. Bordi manica biancorossi, calzoncini bianchi e calzettoni rossi. La divisa away riprende esattamente quella dell’Olanda, con il gradiente sfumato molto vistoso che questa volta è rosso su base bianca. Il resto dei dettagli è identico a quello della prima divisa, ad eccezione del colletto che non è chiuso dal bottoncino ma da due inserti in maglieria bianchi bordati di rosso. Calzoncini rossi e calzettoni bianchi.
SVOLGIMENTO: PARTITE E RACCONTO
I tifosi inglesi cominciano a cantare ‘Football is coming home’ nel tempio di Wembley, l’8 giugno 1996. I ‘Tre Leoni’ guidati da Terry Venables aprono le danze con la tradizionale divisa bianca. La Svizzera risponde con altrettanta originalità usando la maglia rossa. L’Inghilterra comincia a spron battuto e passa con Alan Shearer, in evidente stato di grazia. Gli elvetici di Jorge però rispondono colpo su colpo cogliendo una traversa clamorosa e pareggiando nel finale grazie ad un calcio di rigore di Türkyılmaz. Qualche ora più tardi, al ‘Villa Park’ di Birmingham, la seconda sorpresa. L’Olanda di Guus Hiddink, tra le favorite, sbatte sul muro eretto dalla Scozia. Tante occasioni ma lo 0-0 finale lascia ai tifosi ‘Orange’ l’amaro in bocca. Ancora il ‘Villa Park’ per la seconda sfida: l’Olanda, vestita con la seconda divisa, liquida la Svizzera che stavolta capitola e viene travolta con un perentorio 2-0. Le reti sono di Jordi Cruyff e di Dennis Bergkamp.
Due giorni più tardi a ‘Wembley’ l’Inghilterra ha l’occasione di rispondere ma il derby con la Scozia si preannuncia complicato. I ragazzi di Venables sono nettamente più forti ma faticano. Un gol del solito Shearer apre in due la partita. Al 78’ il momento chiave: Seaman para un calcio di rigore a McAllister e sul ribaltamento di fronte Paul Gascoigne chiude il match segnando una delle reti più belle della propria carriera. La sfida del 18 giugno con l’Olanda si trasforma dunque nello scontro diretto per chi passerà come prima qualificata. Non c’è equilibrio, però, e ‘Wembley’ va in estasi: Shearer e Sheringham si alternano con una doppietta a testa. Kluivert segna l’inutile gol della bandiera per gli olandesi. L’Inghilterra sogna mentre la Scozia torna a casa con 3 punti d’orgoglio. Ally McCoist, infatti, stende una Svizzera poco motivata al ‘Villa Park’ di Birmingham.
GIRONE B
FRANCIA
È dal 17 novembre 1993 che la Francia attende in maniera febbrile Euro ’96. Quella sera al ‘Parco dei Principi’ di Parigi andò in scena il requiem del calcio transalpino vecchia maniera, che lascerà spazio alla squadra che sarà capace di vincere tutto a fine secolo. Torniamo a quella gelida serata parigina: sconfitta per 1-2 contro la Bulgaria e Francia (guidata da Gerard Houllier) costretta a vedere Usa ’94 da casa. Una botta tremenda, specialmente perché arrivata dopo la mancata qualificazione ad Italia ’90 e il fallimento di Michel Platini come commissario tecnico ad Euro ’92. La guida dei ‘Bleus’ viene affidata ad Aimé Jacquet, che di Houllier era il vice. Repulisti e ripartenza da zero. Girone di qualificazione condotto rabbiosamente dopo una partenza molle che determina il secondo posto dietro alla Romania.
Per l’Europeo in Inghilterra (nel girone, guarda caso, ancora la Bulgaria) Jacquet può contare su un gruppo eccezionale. Il portiere è Bernard Lama, estroso numero 1 del Psg all’ultimo torneo come titolare davanti a Fabien Barthez. In difesa il carisma di Laurent Blanc, la potenza atletica di Jocelyn Angloma e Lilian Thuram, le sgroppate di Bixente Lizarazu e la solidità conclamata di Marcel Desailly. I ricambi? Gente come Frank Leboeuf, Eric Di Meco ed Alain Roche. A centrocampo Vincent Guérin, il capitano Didier Deschamps e la funzionalità di Christian Karembeu. In panchina Reynald Pedros, Sabri Lamouchi e Corentin Martins. La classe infinita di Zinedine Zidane ad innescare l’inesauribile Youri Djorkaeff e il futuro milanista Cristophe Dugarry, alternato a Patrice Loko. Bomber di scorta: Mickael Madar.
La Francia approda in Inghilterra accompagnata da Adidas, come tradizione. Il kit prodotto dal brand tedesco è di impatto immediato anche se poco originale, dato che + presente nel torneo ‘addosso’ ad altre nazionali. La divisa home è ovviamente blu con un vistoso colletto a polo bianco bordato di tricolore e chiuso da laccetti. Il pattern è traslucido e sulle spalle (che scendono verticalmente fino ai fianchi) ci sono due bande tricolori contenenti le ‘stripes’ Adidas. Il lettering del brand è al centro, il galletto della ‘FFF’ è all’altezza del cuore. Numeri e nomi in bianco bordati di rosso, calzoncini bianchi con banda blu e tricolore laterale. Calzettoni rossi.
La maglia away presenta la stessa fantasia con colori invertiti, dato che la base è bianca. Cambia il colletto che non è a polo ma con due inserti in maglieria bordati di tricolore. La fantasia sulle spalle è più avvolgente e tende maggiormente a toccare i bordi delle maniche, dove è presente una piccola biandiera francese. Lettering Adidas in blu appena sotto al colletto, galletto ‘FFF’ all’altezza del cuore, nomi e numeri in blu bordati di rosso. Calzoncini bianchi (con la stessa banda laterale di quelli home) e calzettoni bianchi.
SPAGNA
L’eliminazione ai quarti di finale di Usa ’94, avvenuta per mano dell’Italia, basta per fornire a Javier Clemente, commissario tecnico della Spagna, le giuste motivazioni per affrontare il girone di qualificazione ad Euro ’96. Il cammino si trasforma in una vera e propria marcia trionfale. Gli iberici vincono il gruppo 2 con 8 vittorie, 2 pareggi senza mai perdere. Danimarca e Belgio possono solo stare a guardare, con i primi che si qualificano mentre i secondi rimangono a casa. Le 22 convocazioni per il torneo non portano grandi novità: c’è talento ed esperienza e le solite grandi aspettative.
In porta il carisma di Andoni Zubizarreta (capitano della truppa) che può contare su un vice come Santiago Canizares. José Molina è il terzo. In difesa ci sono Alkorta, Abelardo e Sergi. Belsué, Juan Manuel Lopez, Jorge Otero e Miguel Nadal sono alternative valide. A centrocampo è ancora lungi dal cominciare l’epoca del ‘tiki taka’. Fernando Hierro è il frangiflutti vecchio stampo, personalità da vendere e atteggiamenti da sceriffo. Con lui l’equilibrio di Guillermo Amor, l’imprevedibilità di José Luis Caminero, la classe di Julen Guerrero e le sortite di Luis Enrique. Donato veste il 10 ma è relegato ad essere la riserva. In attacco non è ancora la Spagna di Raul e Clemente si affida alla rotazione dei vari Juan Antonio Pizzi, Amavisca, Alfonso, Salinas (sul cui groppone pesa ancora il clamoroso errore a tu per tu con Pagliuca al Mondiale americano) e Javier Manjarin.
Come negli Stati Uniti, anche in Inghilterra le ‘Furie Rosse’ si presentano con il kit firmato da Adidas, che produce due lavori interessanti e dettagliati, anche se non propriamente tradizionali. La maglia home è rossa, ma solo per tre quarti. Il quarto all’estrema sinistra è interamente blu e vede le tre ‘stripes’ attraversare verticalmente la divisa all’altezza dello stemma, racchiuso in uno scudo rosso bordato di blu. Il colletto è ‘alla coreana’ con bordi blu e bottoncini blu. Lo stesso rosso della divisa è scuro e vede un motivo con pinstripes tono su tono ed un pattern traslucido che rappresenta lo stemma della federcalcio. I pantaloncini sono blu con le stripes che riprendono il colore della bandiera spagnola. Calzettoni blu con stripes Adidas gialle.
La divisa away è molto semplice quanto elegante. Interamente color blu notte, con le tre stripes che attraversano la maglia verticalmente all’altezza dello stemma. Colletto a colori invertiti rispetto alla home. Pantaloncini e calzettoni blu. Il lettering ‘Adidas’, in entrambe le divise, è giallo disposto sotto il colletto e sopra il numero di maglia che è bianco.
BULGARIA
Euro ’96 arriva giusto allo zenit del calcio bulgaro che ha raggiunto ad Usa ’94 il picco della propria storia. I ‘Luvovete’, guidati da Dimitar Penev, sono reduci infatti dallo storico quarto posto al Mondiale ottenuto arrivando fino alla semifinale iridata, persa contro l’Italia di Roberto Baggio. Un exploit inaspettato che ha portato addirittura il pallone d’oro a Hristo Stoichkov, nel frattempo reduce da una annata opaca con la maglia del Parma. Il girone 7 di qualificazione all’Europeo vede la Germania dominare, ma i bulgari si piazzano al secondo posto liquidando senza troppi problemi Georgia, Moldavia, Albania e Galles. Penev cambia qualcosa, ma i 22 che sbarcano in Inghilterra sono in gran parte quelli presenti anche negli Stati Uniti.
In porta Borislav Mihaylov, Popov e Zdravkov le riserve. Davanti una linea blindata con Trifon Ivanov, Ilian Kirjakov, Zlatko Jankov, Petar Hubcev e la freschezza di Radostin Kisisev. Completano il reparto Kremenliev, Tsvetanov e Gincev. Il punto forte dei ‘Luvovete’, però, è sicuramente dalla cintola in su. Classe, genio, sregolatezza e quantità: dal 7 al numero 11. Ljuboslav Penev ed Emil Kostadinov ad affiancare il talento enorme di Hristo Stoichkov, regista totale della fase offensiva. Tutto qui? No, perché il 10 tocca ad un raffinato palleggiatore come Krasimir Balakov mentre Yordan Lechkov garantisce sgroppate sulla fascia. Ivajo Yordanov è una risorsa preziosa così come Borimirov e Donkov dalla panchina. Georgiev e Sirakov completano un gruppo all’apice della propria maturità.
Ad Euro ’96 la Bulgaria cambia: da Adidas passa a Puma che propone un kit ‘fresco’ ma che non spicca in originalità, con un template che verrà utilizzato anche per altre selezioni (la Repubblica Ceca, ad esempio). La divisa home è bianca con un vistoso colletto a polo verde. Sulle spalle una banda zigrinata verde racchiusa da un bordo rosso. Stemma nazionale sul cuore e marchio Puma dalla parte opposta. Font rotondeggiante in nero. Pantaloncini verdi con la stessa fantasia delle maniche (in bianco) sul fianco. Calzettoni bianchi.
La maglia away ha le stesse caratteristiche con alcune varianti cromatiche: divisa rossa, colletto verde, zigrinature rosse, bordatura verde e font bianco. Pantaloncini verdi con la fantasia zigrinata in rosso. Calzettoni rossi.
ROMANIA
Anghel Iordanescu è la guida tecnica (anche se il termine è riduttivo) e il padre putativo della generazione d’oro del calcio romeno che ha sorpreso tutti ad Usa ’94, arrivando fino ai quarti di finale eliminando addirittura l’Argentina vicecampione in carica. Il girone di qualificazione ad Euro ’96 è entusiasmante: i ‘Tricolorii’ vincono il raggruppamento davanti alla Francia (mai battuta, però, negli scontri diretti) sfruttando ottimi risultati con le altre compagini: Slovacchia, Polonia, Israele ed Azerbaigian. Come nel caso della Bulgaria, anche per la Romania ci sono poche sorprese nei 22 convocati che arrivano in Inghilterra.
Il ballottaggio in porta lo vince Bogdan Stelea, con Florin Prunea che si accontenta del ruolo di dodicesimo. Tene è il terzo portiere. In difesa c’è tanta qualità a partire da Miodrag Belodedici fino ad arrivare a Dan Petrescu. L’esperienza di Gheorghe Popescu, la solidità di Daniel Prodan e l’affidabilità di Mihali e Selymes. Filipescu e Dobos sono riserve di lusso. In mediana la saggezza di Lupescu, la freccia Munteanu e le giocate sopraffine del numero 10: Gheorghe Hagi, il ‘Maradona dei Carpazi’, a supporto di Marius Lacatus e Florin Raducioiu. Il ‘bresciano’ Sabau puntella il reparto insieme a Stinga e Galca, più indietro nelle gerarchie. In attacco le alternative si chiamano Ilie, Moldovan e Vladoiu.
Squadra che vince non si cambia e dunque la Romania continua con Adidas, come nel 1994. Anche in questo caso il kit dedicato alla selezione dei Carpazi non brilla per originalità e la si può vedere, con le varianti del caso, addosso ad altre nazionali. La divisa home è gialla con righe tono su tono. Vistoso colletto in maglieria con inserti rossi bordati dai colori del tricolore nazionalee le tre stripes che partono dal fianco e convergono verso l’esterno in blu bordate di rosso. Lettering ‘Adidas’ nero sotto il colletto, stemma centrale così come il numero con font tradizionalmente squadrato. Pantaloncini gialli con le tre stripes sul lato (con i colori della bandiera nazionale). Calzettoni gialli con bordature richiamanti i colori della bandiera.
La divisa away (mai utilizzata durante il torneo) è identica nella versione rossa: motivo a stripes giallo, come il colletto (sempre in maglieria) e lettering ‘Adidas’, oltre al numero. Pantaloncini rossi, calzettoni rossi. Una particolarità: nei calzettoni è presente per intero anche la bandiera.
SVOLGIMENTO: PARTITE E RACCONTO
L’ ‘Elland Road’ di Leeds inaugura il girone B. In campo ci sono la Spagna, tradizionalmente in rosso, e la Bulgaria che veste di bianco. La gara si dimostra scorbutica e complicata per entrambe. Le ‘Furie Rosse’ vanno sotto: al 65’ Sergi stende Kostadinov causando il calcio di rigore trasformato da Stoichkov. La Bulgaria rimane in 10 poco dopo (è Hubchev ad andare sotto la doccia) e la Spagna trova il pari con Alfonso, in mischia. Un minuto più tardi è Pizzi a ricevere il cartellino rosso che riequilibra la situazione numerica.
A Newcastle la Francia ne approfitta e si porta in testa al girone vincendo la partita con la Romania. In una gara bruttina ci pensa Dugarry ad assicurare 3 punti ai ‘Bleus’, realizzando il gol partita al 25’. I romeni steccano anche la seconda: sempre al ‘St.James’ Park’ arriva un’altra sconfitta. La Bulgaria tiene vive le proprie speranze grazie al solito Stoichkov. A Leeds invece va in scena (due giorni più tardi) il big match tra Francia e Spagna. Sono i ‘Bleus’ a trovare il vantaggio al 48’ con un tocco di punta di Djorkaeff su imbeccata di Karembeu. Gli iberici trovano il pareggio a pochi minuti dalla fine con Caminero che al volo batte Lama. L’ultima giornata regala alla Francia il primo posto nel girone: la Bulgaria viene regolata con un perentorio 3-1 (Blanc, autogol di Penev Loko ed il solito Stoichkov). La Spagna deve accontentarsi della seconda piazza sudando freddo: il 2-1 sulla Romania arriva solamente all’ 84’ grazie ad Amor. Bulgaria e Romania, sorprese del mondiale americano, mostrano di aver forse la pancia piena tornando a casa a mani vuote.
>>> 2ª puntata: La storia di Euro 1996, gruppi C e D
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