Terminata la fase a gironi Euro 1996 entra nel vivo con i quarti di finale che vedono in gara l’Inghilterra, la Spagna, la Francia, l’Olanda, la Croazia, la Repubblica Ceca, la Germania e il Portogallo.
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QUARTI DI FINALE
SPAGNA-INGHILTERRA
Sono rimaste in 8 a giocarsi la coppa Henry Delaunay. L’eliminazione diretta parte da ‘Wembley’ il 22 giugno: in programma la sfida ricca di fascino tra l’Inghilterra e la Spagna. I padroni di casa di Terry Venables hanno regalato spettacolo nella fase a gironi e ‘Wembley’ gronda fiducia ed entusiasmo. La Spagna di Javier Clemente è un osso duro ma Shearer e compagni sanno di avere tra le mani un’occasione unica.
I ‘Tre Leoni’ si presentano con la divisa bianca, classica casacca rossa per la nazionale iberica che schiera un’attenta difesa a 5 davanti a Zubizzarreta: Abelardo, Nadal e Alkorta in mezzo. I terzini sono Sergi e Belsué. Hierro è il mediano scortato da Manjarin ed Amor. In attacco Julio Salinas e Kiko. L’Inghilterra risponde con un sistema più moderno: Seaman in porta, quattro difensori (Neville, Southgate, Adams e Pearce) e quattro centrocampisti. Anderton, McManaman e Platt garantiscono equilibrio e soluzioni offensive innescate poi dall’estro di Gascoigne ad ispirare Sheringham e, soprattutto, Alan Shearer.
Gli inglesi attaccano a testa bassa, peccando però di lucidità sotto porta e di concretezza. La pressione si fa sentire. La Spagna è fortunata: tiene bene e cerca di ripartire senza però pungere in maniera decisiva. Dopo 120’ si va ai calci di rigore. A Londra il pensiero va alla semifinale Mondiale del 1990, persa dagli undici metri con la Germania. Fu un vero e proprio dramma sportivo per la nazione. Dal dischetto i ragazzi di Venables dimostrando di aver imparato la lezione: quattro su quattro con Shearer, Platt, Pearce e Gascoigne. Proprio ‘Psycho’ Pearce riesce ad esorcizzare il fantasma di 6 anni prima (fallì la trasformazione) con un urlo liberatorio che entrerà nella storia della competizione. La Spagna sbaglia con Hierro (traversa), segna con Amor e Belsuè. Seaman ipnotizza Nadal: è semifinale.
FRANCIA-OLANDA
‘Anfield’ e Liverpool ospitano il secondo quarto di finale, quello suggestivo tra Francia e Olanda. Talento e forza fisica si mischiano in riva al Mersey. La Francia di Aimé Jacquet gioca in bianco e schiera un 4-3-2-1 con Lama in porta. Thuram e Lizarazu terzini, Blanc e Desailly centrali. Mediana con Karembeu, Deschamps e Guerin. Youri Djorkaeff e Zinedine Zidane a ridosso di Patrice Loko. L’Olanda si tinge di arancione e risponde in ‘salsa Ajax’. Difesa con il libero e con una linea a 3: Blind e davanti de Kock, Reiziger e Bogarde. Qualità e quantità a centrocampo: la diga Cocu, l’equilibrio di Jordi Cruyff e l’estro di Richard Witschge. Tridente con Bergkamp e Ronald de Boer a sostegno di Patrick Kluivert.
Nonostante in campo ci sia un potenziale clamoroso, la partita si incanala verso lo zero e zero e così rimane anche dopo i due tempi supplementari (in cui vige per la prima volta la regola del Golden Goal: chi segna per primo vince) nonostante gli ingressi di Seedorf da una parte e Dugarry dall’altra. Proprio l’attaccante francese però è sfortunato ed è costretto ad uscire dopo soli 19’. Si va ai calci di rigore, come successo tra Spagna ed Inghilterra. Comincia l’Olanda: de Kock, Ronald de Boer e Kluivert segnano. Lo stesso fanno Zidane, Djorkaeff e Lizarazu. Lama respinge il rigore di Seedorf e la Francia va in vantaggio grazie a Guérin. Blind tiene viva la contesa ma Laurent Blanc segna il decisivo 5-4. Anche i ‘Bleus’ volano in semifinale passando per gli 11 metri.
GERMANIA-CROAZIA
Spagna-Inghilterra e Francia-Olanda hanno messo a confronto la nobiltà del calcio europeo. La seconda parte dei quarti di finale vede invece alcune sorprese. La prima la si può notare all’ ‘Old Trafford’ di Manchester. La Germania di Berti Vogts sfida infatti la matricola Croazia di Miroslav Blazevic. I tedeschi, nella tradizionale divisa bianca, vedono Köpke in porta e sfruttano una linea difensiva con tre centrali: Helmer, Sammer e Babbel. Ziege e Reuter spingono sulle fasce. Eilts è il mastino davanti alla retroguardia mentre la fantasia è affidata a Mehmet Scholl ed Andreas Möller. Di punta troviamo Fredi Bobic e Klinsmann. La Croazia risponde di scacchi vestita. Ladic difende i pali, terza linea con Jerkan, Stimac e Bilic. Jarni copre sulla fascia sinistra, a destra invece c’è l’offensivo Stanic che fa da raccordo tra centrocampo ed attacco. Jurcevic completa una mediana che può vantare il genio di Boban e la classe di Asanovic. Non c’è Prosinecki. In attacco i sorprendenti Davor Suker e Goran Vlaovic, panchina per Alen Boksic.
La partita è equilibrata, con la Croazia che ha una grande chance con Vlaovic. Il vantaggio, però, lo trova la Germania su calcio di rigore con Klinsmann. Ad inizio ripresa Suker trova il pareggio con una meraviglia: dribbling di suola che mette a sedere Köpke e scarico in rete. I piani per la Croazia però vengono complicati dall’espulsione di Stimac cinque minuti più tardi. I tedeschi spingono ed al 59’ trovano il vantaggio con una sortita offensiva di Matthias Sammer, di professione libero. Cuore e generosità per i balcanici, comunque protagonisti di un torneo strepitoso. Al triplice fischio però è la Germania ad esultare: sarà di nuovo semifinale, come in Svezia quattro anni prima.
REPUBBLICA CECA-PORTOGALLO
Il ‘Villa Park’ di Birmingham è il teatro del quarto di finale meno nobile di Euro 96: la sorprendente Repubblica Ceca di Dusan Uhrin contro il Portogallo di Antonio Oliveira. Due filosofie opposte: forza fisica e contropiede per i cechi, classe e possesso palla per i lusitani. La Repubblica Ceca vede Kouba in porta. In difesa ci sono Suchoparek, Kadlec ed Hornak, aiutati comunque dal lavoro oscuro di Latal e Bejbl. Anche Nemecek al centro della mediana che è completata da Nemec. Smicer e Poborsky schegge impazzite dietro al centravanti Kuka. Nedved è squalificato. Il Portogallo risponde con una linea a quattro davanti a Vitor Baia formata da Dimas e Secretario terzini, Cristovao e Fernando Couto centrali. A centrocampo la regia sapiente di Paulo Sousa, la sgroppate di Figo, l’equilibrio di Oceano e un certo Rui Costa, il classico 10 che può cambiare le sorti di una partita quando ne ha voglia. In attacco i due Pinto: Joao e Sa. Cechi con la seconda maglia, quella bianca. Portogallo che risponde con la classica casacca rosso-verde.
Il Portogallo di Oliveira parte bene. È favorito e si vede, ma comincia a far intravedere i problemi di incisività sotto porta che diventeranno cronici negli anni a venire. I lusitani palleggiano bene, ma in attacco sono troppo ‘leggeri’. La Repubblica Ceca contiene e riparte con sfuriate micidiali, potendo contare su una condizione fisica eccellente e sull’estro di alcuni elementi. Uno di questi è Karel Poborsky che al 53’ si inventa una delle reti più belle nella storia della manifestazione sfoderando un pallonetto di rara bellezza che sorprende Vitor Baia in uscita e che, di fatto, decide la partita nonostante il rosso a Latal a 8 minuti dalla fine. I cechi di Uhrin tornano tra le prime quattro d’Europa a vent’anni di distanza, per la prima volta senza i ‘cugini’ slovacchi.
SEMIFINALI
FRANCIA-REPUBBLICA CECA
Si comincia a fare sul serio. Quattro le squadre rimaste. Si comincia dall’ ‘Old Trafford’ di Manchester. La Francia di Aimé Jacquet sfida la sorprendente Repubblica Ceca di Dusan Uhrin. I ‘Bleus’ devono fare a meno di Karembeu e decidono quindi di rinforzare la difesa: Lama in porta, insieme a Blanc e Desailly (con licenza di giocare un pelo più avanzato) c’è Roche mentre sulle fasce vengono confermati Lizarazu e Thuram. In mediana Guérin, Lamouchi con Zidane e Djorkaeff ad inventare. Senza l’infortunato Dugarry in attacco ancora spazio a Loko. Anche Uhrin deve fare i conti con diverse assenze. Kouba difende i pali, In difesa manca Suchoparek: Hornak e Kadlec vengono supportati da Rada. A centrocampo rientra Nedved a rinforzare la batteria dei guastatori con Poborsky e Smicer. Nemec, Nemecek e Novotny a fare da schermo. In attacco c’è Drulak, Berger e Kubik partono dalla panchina. Divisa bianca per la Francia, ritorna il rosso per la Repubblica Ceca.
La gara è molto tesa e contratta. Una vera e propria battaglia in cui il fioretto deve lasciar spazio alle maniere forti. Tanti ammoniti, tanti interventi duri e anche tanta paura di perdere. L’opportunità della finale fa gola ad entrambe. Jacquet prova a cambiare qualcosa con Pedros ma poi si copre con Angloma. Kubik, Beger e Kotulek sono le mosse di Uhrin ma dopo 120’ si va ai calci di rigore.
La Francia stila la medesima lista che tanto bene ha fatto con l’Olanda ma evidentemente anche la Repubblica Ceca si era ben allenata. Per i ‘Bleus’ segnano Zidane, Djorkaeff, Lizarazu, Guérin e Blanc. I cechi rispondono colpo su colpo: Kubik, Nedved, Berger, Poborksy e Rada. Si va ad oltranza: Kouba si supera su Pedros. Kadlec non fallisce il match-point: la Repubblica Ceca vola a Wembley per la finalissima. Per la Francia l’appuntamento con la leggenda è solamente rinviato.
GERMANIA-INGHILTERRA
Prima della finalissima, però, a ‘Wembley’ c’è da disputare la seconda semifinale. E non è una partita qualunque. Germania-Inghilterra non lo è mai. La rivalità è aspra: dal Mondiale 1966 fino a quello del 1990: i precedenti si sprecano. Berti Vogts se la gioca senza rivoluzioni: Helmer, Sammer e Babbel a difesa di Köpke. Reuter e Ziege i tornanti. Mediana corposa con Freund ed Eilts. Möller e Scholl hanno licenza di inventare alle spalle di Kuntz, titolare per l’assenza di Klinsmann. Terry Venables deve fare a meno di Gary Neville. Ridisegna dunque l’Inghilterra con Pearce, Adams e Southgate difensori rinforzando il centrocampo con i muscoli di Paul Ince. Anderton, McManaman e Platt sono intoccabili così come la classe e il genio di Paul Gascoigne dietro a Shearer e Sheringham. La Germania in consueto completo bianco. L’Inghilterra risponde con una insolita divisa grigia.
L’Inghilterra parte a razzo e trova il vantaggio dopo soli 3 minuti. Il marcatore è il solito Alan Shearer che di testa supera Köpke. La Germania non si sfilaccia, però, e dopo 13’ trova il pareggio con Kuntz, imbeccato splendidamente da Helmer. I ‘Tre Leoni’ di Venables dominano sia nei 90’ che nei tempi supplementari. Ma che sia una serata maledetta lo si capisce proprio nell’extra-time: palo di Anderton prima e Gascoigne che, a porta sguarnita, manca di un soffio l’appuntamento col golden goal. Arrivano, ineluttabili, i calci di rigore.
Come ad Italia ’90. È tutta una questione di nervi. Shearer, Platt, Pearce, Gascoigne e Sheringham si rivelano infallibili. Lo stesso fanno Hässler, Strunz, Reuter, Ziege e Kuntz. L’equilibrio è sottilissimo, basta un nonnulla per spezzarlo. L’errore fatale arriva dai piedi di Southgate: il suo tiro è centrale e respinto da Köpke. Möller non ha pietà: la Germania vola in finale mandando Wembley nello sconforto più totale. Dopo Italia ’90 un’altra delusione dal dischetto: la seconda di quella che sarà una lunghissima serie.
FINALE
REPUBBLICA CECA-GERMANIA
30 giugno 1996, stadio di ‘Wembley’. La Repubblica Ceca di Dusan Uhrin si gioca l’appuntamento con la storia per vincere l’Europeo. Di fronte la ‘solita’ Germania di Berti Vogts, poco amata dai tifosi di casa ancora pieni di “tears for heroes dress in grey” derivanti dalla semifinale.
Le due squadre si ritrovano dopo il 2-0 per i tedeschi alla prima partita della fase a gironi. Uhrin cambia qualcosa: la difesa viene rinforzata e torna titolare Suchoparek. Confermati Rada e Kadlec, viene aggiunto Hornak. In mediana Bejbl e Nemec come centrali, Nedved e Berger ad agire sulle fasce. Panchina per Smicer: Poborksy supporta Kuka che torna al centro dell’attacco. La Germania risponde con il trio Babbel-Sammer-Helmer. Ziege a sinistra, Strunz rinforza il centrocampo orfano di Möller ma che può contare su Hässler, Scholl e il solito Eilts. Doppio attaccante: torna Klinsmann affiancato dall’incubo inglese Kuntz. Germania in maglia bianca, Repubblica Ceca che risponde con la divisa rossa. Arbitra l’italiano Pairetto.
La partita non è spettacolare. Essendo una finale è piuttosto chiusa ed equilibrata, nessuno vuole perdere. Lo stadio è tutto dalla parte della Repubblica Ceca (almeno per quanto riguarda il tifo neutrale) che nella ripresa spezza in due la partita. Poborsky viene atterrato da Sammer poco dentro l’area: Pairetto indica il dischetto e Berger realizza il calcio di rigore dell’1-0. La Germania, favorita, è clamorosamente in svantaggio contro una delle cenerentole del torneo.
Vogts non ci sta ed inserisce Bode. Poi si gioca anche la carta Oliver Bierhoff: uno dei cambi più decisivi nella storia dei campionati europei. Al 73’, infatti, Ziege pennella una punizione in area e Bierhoff si inserisce nelle maglie della difesa e di testa infila Kouba: è l’1-1 che rimette in pari le cose. L’inerzia psicologica è mutata: la Repubblica Ceca accusa il colpo. Si va ai supplementari. Uhrin si gioca la carta Smicer ma ormai è tardi: la dea Eupalla ha baciato in fronte Bierhoff. Al 95’ il centravanti dell’Udinese riceve palla da Klinsmann, la difende e spara un tiro con poche pretese verso Kouba, che smanaccia come peggio non potrebbe. Il pallone termina in porta tra lo stupore generale. È finita: il golden goal punisce la Repubblica Ceca e manda in estasi la Germania, che vince il terzo Europeo della propria storia. Proprio nello stesso stadio dove trent’anni prima aveva perso il Mondiale contro l’Inghilterra per quel gol/non gol di Geoff Hurst.
Corsi e ricorsi: è l’essenza del calcio. Solo un gioco? No, è Euro ’96.
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