Per un appassionato – e soprattutto collezionista – calcistico, la nascita di un nuovo club è sempre motivo d’interesse, ancor più ai giorni nostri: dal punto di vista stilistico, in un panorama dove la maggior parte delle squadre risale agli albori del secolo scorso, una formazione che vede oggi la luce può sicuramente fare affidamento su soluzioni molto più creative, optando tra le più diverse e originali partiture di maglia.
Purtroppo, pur in mezzo a qualche sporadica gemma, spesso questa possibilità non viene minimamente sfruttata, generando casacche che non mostrano particolari guizzi artistici, e finiscono invariabilmente per sapere già visto.
Con queste premesse, è quindi con piacere che ci ricrediamo e accogliamo l’esordio nel mondo del calcio dei neonati Indy Eleven, formazione d’Indianapolis che dal 2014 scenderà in campo nella NASL – la seconda lega calcistica nordamericana, che nella piramide del soccer si pone esattamente a metà strada tra la più nota MLS e la cenerentola USL Pro.
Una squadra, uno stemma, una città
Già dal nome e dai simboli scelti, la nuova compagine calcistica dello stato dell’Indiana si pone l’obiettivo di instaurare un forte legame con la sua città d’origine, omaggiandone i maggiori aspetti storici e culturali.
Crediamo che l’ispirazione e il significato dietro l’identità degli Eleven Indy siano un giusto premio alla fedeltà dei tifosi, oggi come per gli anni a venire – ha detto Ersal Ozdemir, patron del nuovo club -; se nella prossima stagione, i nostri fan ci daranno anche solo la metà della passione, emozione e creatività da loro messa in questo processo, la squadra godrà indubbiamente d’un grande vantaggio nelle sue partite casalinghe.
Partiamo dal nome scelto dalla franchigia, e da quell’Eleven in cui risiede una doppia valenza: da una parte, vuole sì riferirsi agli undici uomini in campo, mentre dall’altra, intende soprattutto rendere onore all’11th Regiment of Indiana Volunteers, una divisione militare di fanteria fondata il 25 aprile 1861, che diede un significativo contributo alla causa dell’Unione durante la guerra civile americana.
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Per omaggiare questi uomini – nonché tutti i caduti nel corso dei conflitti che durante l’Ottocento portarono all’indipendenza americana -, dal 1901 svetta nel centro di Indianapolis il Soldiers’ and Sailors’ Monument: proprio qui, ancora un 25 aprile ma del 2013, è stato presentato ufficialmente il progetto degli Indy Eleven.
Un luogo denso di significati per il club poiché, all’interno del suo stesso stemma societario, la fa da padrone la statua della Vittoria presente sulla sommità dell’obelisco cittadino – quest’ultimo, come già accade nella bandiera cittadina, riassunto nella stella cerchiata che fa da base al disegno.
È stato un onore incredibile prender parte alla progettazione dello stemma e della relativa identità visiva degli Indy Eleven – ha affermato Patrick Cummings, il graphic designer dietro a tutto cio -; fin dall’inizio ho capito che questo sarebbe stato un grande progetto, poiché mi sono ritrovato a lavorare con una dirigenza che aveva ben presente l’importanza del processo creativo. Ci ritroviamo con un risultato finale che, credo, rende orgogliosi d’essere d’Indianapolis, e che reggerà la prova del tempo.
Il resto dello stemma va ulteriormente a rinsaldare la stretta connessione tra club e città grazie ai colori usati, bianco, rosso e blu, ovvero quelli del vessillo comunale datato 1963 – peraltro, a sua volta una stilizzazione aerea dell’obelisco commemorativo.
Il pattern a scacchi che riempie lo scudo richiama, ad un primo sguardo, la bandiera sventolata al termine d’una gara motoristica: si passa quindi dalla storia alla cultura racing cittadina, rimandando al “mitico” Indianapolis Motor Speedway che dal 1909 ad oggi è diventata la striscia d’asfalto più famosa al mondo.
Dietro a questa scaccatura si nasconde però un ulteriore omaggio all’identità del Brickyard Battalion, sigla che riunisce un gruppo di appassionati locali del soccer, e che in questi ultimi anni si sono rivelati determinanti per portare il calcio a Indianapolis.
La parola ai tifosi
Tutti questi riferimenti permeano anche le casacche d’esordio degli Indy Eleven, griffate Diadora. La filiale a stelle e strisce della realtà trevigiana ha proposto tre differenti mute per gli Indy, ognuna caratterizzata da uno dei tre colori cittadini: blu navy, rosso e bianco.
Dopo aver ascoltato tutti i consigli dei tifosi nell’ultimo anno, abbiamo capito che una delle cose su cui non dovevamo assolutamente sbagliare, erano le nostre maglie – ha detto Peter Wilt, presidente e direttore generale della franchigia -; l’attenzione di Diadora al dettaglio e ai prodotti di qualità, sarà apprezzata tanto dai fan come dalla nostra società.
L’azienda italiana vanta un nutrito seguito sul suolo americano, dov’è attualmente il terzo marchio di riferimento nell’ambito del soccer; la sua esperienza oltreoceano affonda le radici all’inizio degli anni ottanta, quando seguì l’avventura di Roberto Bettega nei Toronto Blizzard realizzando delle calzature ad hoc per i terreni di gioco nordamericani.
Per scegliere la divisa home, la squadra ha interpellato direttamente i suoi tifosi, aprendo un sondaggio online dedicato che restringeva il campo alle colorazioni rossa o blu: con un parziale di due voti a uno, è stata l’ultima proposta a riscontrare il favore degli appassionati. Sarà quindi il blu navy il colore che i giocatori d’Indianapolis sfoggieranno negli stadi della NASL, lasciando il rosso a seconda opzione e il bianco come ultima scelta.
Le prime, storiche, maglie
La prima casacca si presenta quindi a predominanza blu navy, con la porzione di tessuto relativa a petto e schiena adornata con la già nota scaccatura tono su tono mutuata dallo stemma; questo, come da tradizione, è apposto all’altezza del cuore, contrapposto al logo Diadora sul lato destro.
Le maniche sono attraversate, nella parte superiore, da una striscia rossa che idealmente collega i bordini delle maniche e il colletto (un semplice scollo a V); questi ultimi dettagli, sono invece pittati a contrasto di bianco – un modo per avere sulla divisa tutti e tre i colori sociali della squadra. La manica sinistra ospita inoltre il logo del campionato NASL.
Volgendo uno sguardo al retro, troviamo invece la denominazione del club inserita sotto al colletto, e dei numeri di maglia bianchi con bordatura rossa, disegnati con una font dal gusto molto “americano”.
Le restanti mute da trasferta mantengono lo stesso template, e si differenziano dalla home solo per piccoli cambiamenti cromatici.
La away, come accennato, è a predominanza rossa, e vede tutti i suoi dettagli pittati in blu navy, col solo bianco riservato ai numeri sulla schiena; la third, invece, è intesa come una sorta di negativo della maglia casalinga, dove su di una cascata di bianco spicca unicamente il blu navy di polsini, colletto e numeri di maglia, assieme alla già citata striscia rossa che percorre le maniche.
Sul petto scaccato, con un abbinamento pubblicitario molto azzeccato, trova infine posto il logo dello sponsor Honda, casa automobilistica che ha contribuito a scrivere la storia degli sport motoristici.
Al di là dei vari giudizi soggettivi sull’operato degli Indy Eleven e di Diadora, un aspetto va sicuramente messo in rilievo: in un panorama sportivo come quello nordamericano – caratterizzato da franchigie che sovente fanno armi e bagagli per rincorrere il miglior offerente -, non può che essere fatto un plauso alla nuova formazione calcistica d’Indianapolis, la quale, nonostante la fresca primogenitura, ha compiuto un lavoro di ricerca storica e di legame col territorio raro a vedersi, non solo nel soccer nordamericano ma (qualche volta) anche nei più famosi ed osannati football europeo e fútbol sudamericano.
Obiettivo che pare essere stato centrato in pieno, visto il folto seguito che sta riscuotendo in città la nuova realtà sportiva.
Gli Indy Eleven andranno a scontrarsi nella NASL, tra le altre franchigie, anche con un nome storico del calcio americano, i New York Cosmos – forse, l’unico club statunitense che può rivendicare un posto nella storia di questa disciplina -; per tutti gli appassionati calciofili d’Indianapolis, il sogno non può che essere quello di vedere la loro nuova squadra intraprendere simili gesta.
Come giudicate le divise d’esordio degli Indy Eleven, nonché tutto il lavoro di ricerca storica racchiuso in esse?