«Un centímetro. Un maldito centímetro. Uno, che cambiava todo!» Parliamo di quei dieci millimetri che, esattamente un anno fa, avrebbero potuto prolungare il sogno cileno in terra brasiliana, finendo invece per diventare il simbolo di uno dei più grandi rimpianti mai vissuti dalla Roja.
Belo Horizonte, 28 giugno 2014. Sul prato del Mineirão — stadio destinato, di lì a breve, a entrare davvero nella storia del calcio —, a giocarsi un ottavo di finale tutto sudamericano ci sono, da ormai 119 interminabili minuti, undici maglie gialle contro altrettante casacche rosse, quelle di Brasile e Cile.
Una sfida al cardiopalma con, da una parte, una generazione di verdeoro sofferenti nel portare il peso di colori che non conoscono altra opzione del successo, tantopiù davanti alle aspettative di un’intera nazione; dall’altra c’è all’apparenza solo un manipolo di stanchi e incerottati cileni, i quali tuttavia, contro ogni pronostico e con la sola garra rimasta loro in corpo, vedono inaspettatamente a un passo il colpo della vita.
Manca un solo giro di lancetta prima che il dischetto si prenda la scena, quando ai piedi di Mauricio Pinilla arriva quella che potrebbe essere la sliding doors di una carriera. Vanamente contrastato da Thiago Silva, il n. 9 cileno lascia esplodere un destro da fuori area che, per un secondo, toglie il fiato all’intero pianeta… lascia in ginocchio Júlio César… ma, per un maledetto — o benedetto, a seconda delle fazioni − centimetro, si infrange con tutta la sua forza contro la traversa.
Un legno che tarpa le ali al sogno cileno, proprio quando si era a un passo dall’afferrarlo, e che come un beffardo Caronte traghetta la Roja verso l’Inferno dei rigori, per quell’atroce epilogo che nessun calciatore vorrebbe mai vivere. Quasi un curioso parallelo con la tribolata carriera di Pinilla, attaccante dotato da Madre Natura di tutto quanto servisse per sfondare, ma fin qui sempre fermatosi un gradino sotto il confine che separa un giocatore da un campione.
Come abbiamo imparato di recente — vedi i ben più noti precedenti del Maracanaço o del Sarriá —, per elaborare un lutto, sportivamente parlando, l’ironia e la sfrontatezza aiutano ben più di una forzata rimozione o del versare amare lacrime. È questo quel che ha pensato Movistar ingaggiando Pinilla per qualcosa di più di una semplice pubblicità: una rivincita, immaginaria quanto simbolica, sul momento in cui si scrisse la pagina più triste del calcio cileno.
Un’eliminazione che continua a bruciare e far male nei cuori dei tifosi: «quell’episodio è ancora una ferita aperta — ha premesso Pedro Del Favero di Movistar —, ma crediamo anche che per i cileni, pur se per alcuni di loro quel che accadde al mondiale fu solo sfortuna o, alla fine, una sconfitta meritata, questa Copa América possa rappresentare una grande rivincita».
Proprio #LaRevancha è il titolo di un cortometraggio a tinte hollywoodiane — preceduto in grande stile da teaser cartoon e trailer — dove, al centro di un racconto volutamente eccessivo ma non per questo meno godibile, si staglia la grande voglia di rivalsa di Pinigol e, di riflesso, di tutto il popolo cileno, deciso a prendersi una gustosa vendetta nei confronti di chi gli ha precluso un posto d’onore nell’epopea della Roja.
Nell’occasione Mauricio, che al di fuori dello sport ha sempre mostrato una buona dose di personalità e faccia tosta, ci rivela anche delle insolite doti attoriali vestendo i panni dell’eroe action — sul set, ripeteva scherzosamente alla moglie di voler lasciare la carriera calcistica per la recitazione… —, all’interno di una patinata cornice che nulla ha da invidiare a un’avventura di James Bond o Ethan Hunt.
Fra inseguimenti, esplosioni e una missione segreta da portare a termine, Pinilla riesce a farci rimanere incollati allo schermo pur senza ricorrere a dribbling e rovesciate, in uno spot che ha richiesto cinque mesi di preparazione sulla carta, ma poi filmato in appena dieci giorni fra Cile, Milano e Belo Horizonte. L’attaccante, visto di recente all’opera per Umbro, anche stavolta si è chiaramente divertito nei panni dell’attore consumato, inanellando una lunga serie di “buona la prima!” e suggerendo sul set sempre nuovi dialoghi e azioni.
Un risultato finale che è ben riuscito a fondere le aspettative dietro a questa campagna: un tocco di umorismo, per dileggiare quel momento che non scrisse suo malgrado la storia, e più di ogni altra cosa un «messaggio di speranza», per sospingere la Roja — mai in passato così forte e artefice del proprio destino — verso quella Copa América che oggi pare davvero a un passo dall’essere, finalmente, afferrata.
Cosa pensate della revancha messa in piedi da Mauricio Pinilla e Movistar?