L’Inter svela l’atteso restyling del proprio logo e si conferma fedelissima alla propria storia poichè il simbolo presenta poche variazioni che lo avvicinano ancora di più (sembrava difficile ma ci sono riusciti!) al primo storico stemma disegnato nel 1908 dall’artista Giorgio Muggiani.
La presentazione era attesa fin dalla fine di aprile, quando il tycoon Thohir, a margine dell’assemblea dei soci, aveva diffuso la ‘style guide’ per l’utilizzo del marchio da parte dei licenziatari e tra le cui principali novità appariva proprio la rivisitazione del logo.
Le linee del monogramma ora appaiono maggiormente semplificate, il numero dei cerchi che lo circondano diminuisce (sparisce quello dorato intermedio al nero a l’azzurro) ma soprattutto sembra che tutte le proporzioni siano state riequilibrate per migliorarne la leggibilità e la riproduzione su diversi supporti e materiali poichè, a quanto risulta dai comunicati stampa, verranno introdotti sul mercato oltre mille prodotti, tutti provvisti di un nuovo packaging pensato ad hoc tipologia per tipologia.
Infine, sembra che la società troncherà definitivamente con l’utilizzo di pesanti e pedanti caratteri cancellereschi (si tratta dei corsivi calligrafici), usati finora soprattutto per il nome, i quali né la differenziavano, né riuscivano a caratterizzarne l’identità.
In realtà, ad un occhio più attento, non sfuggirà che la vera rivoluzione non sia tanto il fatto che sia stato rivisto il simbolo ma che con questa operazione si sia chiusa la rielaborazione dell’intera immagine coordinata (corporate identity, direbbero quelli bravi), cominciata attraverso l’adozione di un’intera font family, già sfoggiata sui manifesti, sul sito e nei negozi ufficiali fin dalla stagione 2011-2012.
Insomma il logo è la conclusione di un processo in atto da tempo ma passato inosservato ed in effetti, se non fosse stato preceduto dall’annuncio del 30 aprile e dal comunicato stampa di ieri, forse in pochissimi si sarebbero accorti dei cambiamenti. A conferma di ciò si potrebbe addurre che quasi tutta l’attenzione della tifoseria e dei media si sia concentrata sul fatto che la stella non sormonti più lo stemma circolare della Beneamata e sia invece ricondotta a riconoscimento per la conquiesta di 10 scudetti, da sfoggiare esclusivamente sulle divise da gioco (quelle sì che sono fuori dal solco della tradizione).
La storia e la stella
«Questa notte splendida darà i colori al nostro stemma: il nero e l’azzurro sullo sfondo d’oro delle stelle. Si chiamerà Internazionale, perché noi siamo fratelli del mondo.»
G. Muggiani, 9 marzo 1908
La storia dell’emblema dell’Inter è di quelle note: viene disegnato dal cartellonista Giorgio Muggiani, tra i fondatori del sodalizio, che scelse i colori nerazzurri in contrapposizione a quelli del Milan di cui i primi interisti erano dei disseidenti. Secondo il figlio scelse il blu poichè opposto al rosso nell’immaginario collettivo creato dalla familiarità con le matite bicolore rosso/blu, mentre, secondo le malelingue, quelli erano gli unici colori a disposizione sulla tavolozza in quei giorni.
L’artista disegnò un monogramma dal gusto squisitamente liberty, come accadeva a molte altre società, non solo sportive, durante il primo decennio del ‘900 ed inserì la M di Milano pur non apparendo ancora nel nome della società (Foot-Ball Club Internazionale).
Il monogramma venne sostituito con un fascio littorio tra il biscione visconteo e lo scudo rossocrociato quando l’Internazionale divenne Ambrosiana su imposizione del Regime (fusione con l’US Milanese e maglia rossocrociata) e cambiò, parallelamente al passaggio ad Ambrosiana-Inter, fino a tornare Internazionale col monogramma, il quale avrà altri momenti di riflessione tra il 1960 e il ’63 e dal 1979 fino alla fine degli anni ’80.
La stella arriva sul petto dei nerazzurri nel ’66 ma questo riconoscimento viene istituito qualche anno prima, nel 1958, su proposta del presidente della Juventus, Umberto Agnelli, che chiese alla Lega di poter fregiare le casacche bianconere di un simbolo celebrativo per il decimo campionato vinto. Da quel momento in avanti, ogni compagine che avesse conquistato il massimo campionato italiano per 10 volte, avrebbe potuto fregiarsi di una stella che, a differenza dello scudetto, sarebbe rimasta per sempre sulla divisa.
È bene quindi specificare che l’uso di questa stella quale riconoscimento (che può anche essere inserito all’interno del logo) va distinto concettualmente da quello araldico di qualsiasi altra stella negli stemmi dei club e che, nonostante l’iter consolidato, l’unica norma che ne disciplina l’utilizzo è l’articolo 10 del Regolamento delle divise da gioco il quale prevede che per ogni maglia, con tutti i suoi stemmi e le sue toppe, sia necessaria l’approvazione della Lega.
Insomma, forse in Corso Vittorio Emanuele col tempo s’era fatta un po’ di confusione, innocua, per carità, ma che in futuro avrebbe potuto anche creare qualche difficoltà “burocratica”, senza contare che al netto dell’ingombro della stella il logo vero e proprio ha la possibilità di guadagnare non poco spazio e visibilità.
Ora l’ordine sembra ristabilito, la stella è sempre sulle maglie ma appuntiamoci un promemoria: le stelle le assegna il campo e non i designer.