Da qualche giorno sulle divise del West Ham compare il nuovo logo, scelto ormai due anni fa attraverso alcuni sondaggi, svolti dapprima per conoscere le preferenze dei tifosi ed in seguito per scegliere l’elaborato preferito.
Il cambiamento è netto e coincide con lo spostamento dal Boylen Ground allo Stadio Olimpico, sparisce il “Boylen Castle” e restano i martelli in uno stemma che si semplifica per ritornare alle origini del club, quelle officine navali della Thames Ironworks dalle cui fila di operai prese le mosse la squadra.
Nelle intenzioni c’era quella di adottare “uno stemma più audace, più pulito e più vivace” senza tralasciare il cuore dei tifosi i quali, nonostante l’attenzione a loro dedicata, alla fine, non sono stati propriamente entusiasti dell’inclusione della parola “London”, anche se nei sondaggi l’avevano preferita a “Olympic Stadium”.
Più prevedibili, invece, sono state le critiche sulla rete, abbondanti come sempre, dovute all’evidente scomparsa. I “conservatori” del web, però, non hanno evidentemente contato che i martelli hanno fatto da soli bella mostra di sé sulle casacche fino al 1963, senza contare la rinnovata “solitudine” tra l’83 e l’85 . A conti fatti, quindi, nessuna novità, anche se cinquant’anni sulle maglie sono davvero tanti.
Ma cosa c’entra un castello con i martelli operai?
Dopo che la Thames Ironworks divenne una società per azioni, nel 1900, la compagine sportiva aziendale, con lo stesso nome della fabbrica, si sciolse e gli operai fondarono una nuova squadra, con a capo il vecchio presidente dei cantieri, Arnold Hills, che era riuscito comunque a rimanere il maggior azionista avendo comprato un’azione per ognuna venduta al pubblico. La nuova squadra poté continuare ad usare il campo su cui giocava la Thames Ironworks (grazie ad un affitto agevolato) ed adottò il nome del sobborgo in riva al fiume su cui sorgeva sia la fabbrica che il suolo di gioco, West Ham, oggi parte del municipio londinese di Newham assieme all’adiacente East Ham.
Come abbiamo detto i martelli incrociati sono un retaggio delle profonde radici operaie, mentre, per quanto riguarda il castello, ci sono almeno tre ipotesi che ne giustificano l’apparizione. La prima e più accreditata lo identifica con un importante costruzione locale, Green Street House, popolarmente conosciuta come “Boleyn Castle” poiché associato alla famigerata Anna Bolena per cui Enrico VIII proclamò lo scisma anglicano; un’altra ipotesi è che il castello sia stato aggiunto come risultato del contributo fatto al club dai giocatori dell’Old Castle Swifts, mentre una terza ritiene che possa derivare dall’adozione (nel 1904) del Boylen Castle FC come riserve quando questi ultimi persero il loro campo da gioco.
È comunque importante sapere che il Boylen Ground sorge sugli ampi terreni della Green Street House, al tempo sede di una scuola cattolica, che ne abbatté i muri di cinta per aprire il proprio parco ai cittadini (1869) e poi di una casa di maternità (primi del ‘900) fino al totale abbattimento nel 1955.
Lo spostamento dal Boleyn Ground all’Olimpico sarà di 4 km verso ovest, il Castello sarà quindi abbandonato, in tutti i sensi, mentre i martelli continueranno a battere forte. Chissà, forse non c’era più bisogno di nobilitare le proprie origini dietro palazzi merlati, in fondo, gran parte di ciò che è stato fatto, è ormai storia.
Vediamola come una nuova rivoluzione industriale.