“Né Messi né Balotelli, rivogliamo i Satanelli”. Eccoli accontentati, i supporter rossoneri. Ma è proprio così?
Il Foggia ha comunicato ufficialmente di aver acquisito lo storico stemma dei Satanelli dopo aver raggiunto un accordo, per 25mila €, con la curatela fallimentare della vecchia società. Finalmente i famosi diavoletti, uno rosso e l’altro nero, potranno tornare a rappresentare la squadra dello sperone d’Italia e fare bella mostra di sé sulle casacche dei pugliesi.
La piazza non attendeva altro e a dirla tutta non era mai riuscita a digerire il logo “provvisorio”, simbolo inevitabile di un tracollo a cui non si sarebbe mai voluto assistere, contrapposto idealmente a quello stemma che ha accompagnato le glorie di una squadra che negli anni ’90 ha fatto sgranare gli occhi a più di un calciofilo.
A qualche giorno dall’annuncio, però, viene svelata anche l’ultima sorpresa, un inatteso restyling che forse non era così necessario e che probabilmente avrà smorzato in parte l’entusiasmo di qualcuno. Il disegno, a prima vista, non sembra aggiungere nulla rispetto all’originale, tuttavia spariscono le caratteristiche zampe caprine, cambia l’ormai tipico tridente e forse l’intera posa perde di una certa naturalezza.
LA NASCITA DEI SATANELLI
Quel papà che fece tutto in una notte
Lo storico stemma era stato progettato da Savino Russo, grafico e illustratore foggiano e uomo di vasta cultura; esperto di araldica e direttore artistico per una casa editrice locale nonché, per alcuni anni, docente presso l’accademia di belle arti cittadina.
Aveva cominciato la sua carriera a Padova come illustratore scientifico negli anni Settanta e, ritornato in Puglia negli Ottanta, fu coinvolto verso fine decennio in quell’inversione verso il brand marketing che investì il calcio italiano e che lo portò a progettare quello che fu il marchio di fabbrica di una squadra spettacolare, soprannominata non a caso “Foggia dei Miracoli”.
Russo è venuto a mancare meno di un anno fa ma abbiamo avuto modo di parlare con lui più di una volta in merito ai suoi Satanelli, tra i 100 stemmi più belli secondo il Guerin Sportivo.
Sappiamo, ad esempio, che detestava vederli racchiusi in contenitori ovali o sacrificati in scudi senza criterio e anzi, se avesse potuto, li avrebbe liberati anche del cerchio bianco in cui li aveva circoscritti sulle maglie. Sappiamo anche che ne disegnò due non solo per mantenerne la declinazione plurale, ma anche in un irriverente moto di rivalsa verso quella continua subalternità estetica nei confronti del Milan “se il Milan aveva un diavolo allora il Foggia ne doveva avere due!”. Un’irriverenza che spesso è stata la cifra stilistica di quella stessa squadra e di cui il tridente è un richiamo non troppo velato.
Vi trascriviamo uno stralcio di una piccola intervista del 2011, avvenuta in maniera informale ed amichevole, in cui ci racconta come nacquero i due piccoli diavoli e cogliamo l’occasione per ricordarlo ancora una volta con affetto.
“Non ricordo l’anno, penso sia stato l’anno precedente l’arrivo di Franco Mancini perché mi ha detto che lui ancora non era della squadra [1], forse un anno prima del famoso quadrangolare della Coppa Durum [2].
Le richieste furono estemporanee, nel senso che c’era l’esigenza di dotare di un nuovo logo le divise commissionate al noto Petronio [3]: giacca rosso ciliegia, pantaloni fumo di Londra, trench bianco ghiaccio. Tutto in una notte: al mattino dopo, il disegno doveva partire per il laboratorio che doveva eseguire il logo a ricamo sulle giacche.
Ho fatto tutto da solo e… senza rete, nel senso che dovevo realizzare qualcosa di nuovo, riproducibile in tutti i formati e su tutti i supporti e soprattutto efficace in una manciata di ore. L’incarico mi venne direttamente dal vice presidente del Foggia Augusto Marasco.
Il punto di partenza irrinunciabile era che chiaramente si dovesse trattare di una “rivisitazione” dell’ormai storico satanello: mi uscì fuori quasi un rosso folletto dalle linee spezzate, raddoppiato dalla sua ombra nera: il colori sociali.
Alla presentazione, dissi che non era un diavolo, no; era piuttosto lo spirito benigno (l’ùria o u scazzamurill’) [4] che aveva animato molte storie del nostro territorio e della nostra cultura locale. Immaginate la faccia di Zeman a sentire parlare di ùria e scazzamurrill’…”
Note dell’autore: 1. evidentemente aveva parlato con l’ex portiere dell’argomento prima di rispondere alle domande. | 2. agosto ’87 , quadrangolare tra Real Madrid, Porto, Sampdoria e Foggia. | 3. una boutique della città. | 4. figure del folklore di Capitanata, spiriti o folletti.
ROSSONERI DA SEMPRE, SATANELLI dal 1930
È curioso constatare come la squadra di una provincia che ha storicamente per simbolo un angelo sfoggi sulle proprie casacche la sua nemesi. E come più volte lo stemma cittadino, che ha riferimenti nel ritrovamento della sacra icona protettrice della città attraverso l’apparizione di tre fiamme sull’acqua, abbia più volte fatto bella mostra di sé sulle maglie di quei rossoneri dal soprannome così “infernale”.
L’appellativo “Satanelli” ebbe origine nella stagione 1930-31, quando il giornalista Mario Taronna, che seguiva i rossoneri di Capitanata nelle sue corrispondenze sui quotidiani dell’epoca, coniò personalmente il fortunato soprannome sulla scia di quello che era lo stile della narrazione sportiva in quegli anni.
Evidentemente Mario Taronna, andando per logica, pensò che i giocatori del Foggia, rossoneri come il Milan ma meno blasonati, non potessero che essere dei diavoli più piccoli: dei satanelli appunto. Tanto più che la storiografia ufficiale vuole questi colori importati dai fratelli Tiberini, milanesi e milanisti, venuti nel 1911 per giocare al calcio e che, nel 1920, furono tra i fondatori del sodalizio pugliese.
Tutte le precedenti squadre foggiane, a cominciare dalla Daunia nel 1909, usarono il colore bianco, il nero o entrambi, anche in originali accostamenti a strisce orizzontali. L’unica precedente apparizione del rosso e del nero nel capoluogo dauno aveva matrice militare, erano infatti i colori dei Cavalleggeri di Foggia, scioltisi proprio nel ’20: chissà che non ci abbia messo lo zampino anche il primissimo presidente, il colonnello Carlo Gigliotti?
Ad ogni modo, la mascotte non apparve mai sugli stemmi del Foggia fino a quando non la disegnò Savino Russo e, a questo punto, una domanda sorge spontanea: chissà cos’avrebbe pensato lui dell’ultimo restyling?