Si concluderà domenica 24 maggio l’iniziativa “The Split” di Dacia che ha permesso a tre società sportive di scendere in campo insieme all’Udinese.
L’ultima fortunata è la squadra del Castelfranco Calcio Femminile, i cui colori compariranno sulle maglie dei friulani nella partita interna contro il Sassuolo.
Il gialloblù a righe verticali delle ragazze toscane comparirà sulla parte destra, unito al classico bianconero dell’Udinese.
L’occasione è utile per dare spazio al movimento femminile che negli ultimi 6 anni ha registrato un vero e proprio boom: +72% di giocatrici in attività, nonostante l’immagine di una bambina che decide di indossare gli scarpini per giocare a calcio sia ancora considerata una sorta di tabù.
Il calcio femminile resta confinato all’ambito dilettantistico e le ragazze del Castelfranco sono costrette ad allenarsi dopo il lavoro: “Gli allenamenti iniziano proprio quando finisce la giornata lavorativa. Così si torna a casa tardi e la cena slitta sempre dopo le 22. Cosa ci spinge? La passione e l’idea che senza di noi molte bambine non avrebbero avuto la possibilità di fare del calcio il proprio sport”, sono le parole di Francesca Saponetta, direttore generale del Castelfranco Calcio Femminile.
La storia del Castelfranco Calcio Femminile inizia nel 1984, sulla scia del Trofeo Pallone Rosa, rassegna di calcio femminile organizzata in paese, diventata ben presto l’appuntamento estivo per eccellenza del panorama regionale femminile. Grazie all’entusiasmo generato dal trofeo, un gruppo di ragazze, fino a quel momento tifose di compagni e fidanzati componenti la squadra maschile del luogo, decide di “scendere dagli spalti” e indossare gli scarpini, iniziando un’avventura che le ha condotte fino ai campi della Serie A femminile nel Campionato 2001-02. Il culmine di una parabola che da quel momento inizia una graduale fase discendente, soprattutto a causa delle scarse risorse a disposizione.
“I problemi – racconta Saponetta – sono tanti, dal trasporto in occasione delle trasferte, ai materiali per l’allenamento, all’affitto che paghiamo per usufruire del campo sportivo. Non abbiamo una struttura di proprietà e utilizziamo un impianto comunale che condividiamo con altre associazioni sportive. A tutte queste spese facciamo fronte grazie a piccoli aiuti che provengono da sponsor locali, quote associative, cene sociali, la vendita di piccoli gadget, spille, foto, organizzando feste e attraverso contributi diretti dei dirigenti che si autotassano”.
Per dare ossigeno alle casse della società i dirigenti sono i primi a contribuire di tasca propria e nessuna delle ragazze viene stipendiata ad esclusione di un piccolo rimborso spese. Ancora Francesca Saponetta: “Certo, tutto questo comporta impegno e sacrifici. Ma non possiamo evitarli se vogliamo raggiungere il nostro obiettivo che, nel breve termine, è anzitutto continuare ad esistere e poi, chissà, far tornare un giorno il Castelfranco in Serie A, come siamo state capaci di fare in passato”.
Sono state numerose le critiche dei tifosi per un’iniziativa che tocca da vicino un oggetto sacro come la prima maglia. Risultato estetico a parte, è innegabile che la scelta di dividere la casacca in due pezzi sia stata invadente. La soluzione dello scorso anno, con il nome di tre aziende al posto di Dacia, riusciva ad accontentare tutti.