Il recente articolo inerente l’arrivo degli sponsor nel calcio italiano, ha scatenato un grosso entusiasmo intorno alle maglie della Serie A degli anni ’80. I commenti di alcuni lettori hanno fatto nascere l’idea di approfondire il discorso circa una particolare casacca, quella “storica” della Longobarda di Oronzo Canà.
Per i meno ferrati in ambito cinematografico, spieghiamo cos’è la Longobarda: si tratta della fantomatica squadra protagonista del film-culto L’allenatore nel pallone del 1984, ambientato nel mondo del calcio italiano dell’epoca. È un’immaginaria compagine calcistica del Nord Italia, che racchiude in sé tutti i principali stereotipi legati alle cosiddette “provinciali”, tanto che col tempo il suo nome è entrato nel linguaggio comune come sinonimo di club scalcinato e perennemente in fondo alla classifica.
Senza dilungarci troppo sul film (che gli appassionati conosceranno a menadito!), concentriamo la nostra attenzione sulle maglie sfoggiate nella pellicola da questa simpatica formazione; volendo collocare temporalmente le casacche, specifichiamo che il film uscì nelle sale nell’ottobre del 1984, quindi è verosimilmente ambientato a cavallo dei campionati di Serie B 1983-84 e di Serie A 1984-85 (a riprova di ciò, nella pellicola la Roma sfoggia la coccarda tricolore ascrivibile alla vittoria nella Coppa Italia dell’84).
La Longobarda vestiva maglie realizzate dalla NR, azienda abruzzese che in quel decennio la faceva da padrone nel mondo delle forniture tecniche, sia in Italia che all’estero. Sfruttando invece la liberalizzazione degli sponsor decisa pochi anni prima, sul petto faceva bella mostra di sè il marchio del Pastificio Mosciarelli, piccola azienda produttrice di pasta dalla dubbia qualità. È singolare, in questo senso, assistere nel film all’esordio assoluto del club in Serie A, contro i giallorossi sponsorizzati dal ben più famoso marchio Barilla.
Avendo come colori sociali il bianco, il rosso e l’azzurro – da cui il soprannome di biancocerchiati – la Longobarda si presentava in campo vestendo come prima divisa un completo bianco, i cui unici tocchi di colore erano rappresentati dalle strisce rosso-blu che correvano lungo spalle e maniche (l’azzurro sfoggiato sugli spalti dai tifosi, sulle maglie è stato inspiegabilmente sostituito da un blu navy); blu erano anche i numeri di maglia, mentre lo stemma societario del club – una lumaca – era insolitamente inserito sulla parte destra del petto. Era inoltre presente un colletto con scollo a V.
Questa scelta cromatica, all’apparenza fin troppo semplicistica, era in realtà frutto di un preciso “escamotage visivo”, ideato in fase di sceneggiatura: come spiegato dal regista Sergio Martino nei commenti audio delle edizioni home video, negli anni ’80 la maggior parte dei club italiani utilizzavano una seconda divisa bianca; assegnando all’immaginaria squadra un completo simile, diventava poi facile reperire immagini d’archivio della Serie A ed inserirle nel film, in modo da “spacciarle” per vere partite della Longobarda contro le formazioni più titolate dell’epoca. Probabile inoltre che la “semplicità” del bianco permettesse di evitare accostamenti e/o rimandi a qualche altro noto club.
Dobbiamo comunque segnalare un evidente blooper presente nelle sequenze iniziali della pellicola: nell’ultima giornata del torneo cadetto, vediamo la squadra giocare la partita della promozione in massima serie, con indosso una maglia bianca recante una fascia arancione sul petto; per intenderci, molto simile alla seconda divisa utilizzata dalla Pistoiese nella stagione 1980-81 (realizzata da Puma).
Pochi ricordano che la Longobarda sfoggiò anche una seconda divisa. Raramente utilizzata, la si “intravede” nel film solo in occasione della partita disputata in casa della Juventus, tra la nebbia torinese. Essa è composta da una maglia spaccata, blu nella parte superiore, e rosa per quanto riguarda la parte inferiore e le maniche; i due colori sono inframezzati da una linea nera. Per quanto concerne il resto del completo, si “intravedono” pantaloncini blu (o neri?) e calzettoni bianchi. Anche in questo caso, è verosimile che l’insolito accostamento blu-rosa sia stato scelto per non richiamare nessuna delle squadre più famose.
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Dopo aver trattato esaustivamente della Longobarda, parliamo adesso in generale del film. Tra le tante maglie calcistiche che fanno da contorno alle vicende del piccola squadra, non possiamo non citare quelle del Clube de Regatas do Flamengo, che possiamo vedere durante il viaggio di Oronzo Canà a Rio de Janeiro per il calciomercato.
La formazione brasiliana, grazie a campioni come Júnior (prossimo al Torino) e Zico (già all’Udinese), aveva dominato il calcio verdeoro nella prima parte del decennio, conseguendo i primi tre titoli nazionali della sua storia. Quel Flamengo vestiva una casacca non molto dissimile da quella attuale, con righe orizzontali rosso-nere molto larghe, e il solo monogramma “CRF” all’altezza del cuore.
Canà arriva in Brasile proprio per ingaggiare Júnior, ma nonostante la cosa non si concretizzi, l’allenatore torna in Italia con un altro, sconosciuto, campione: la “perla nera” Aristoteles. A dispetto di quanto si possa credere, l’interprete Urs Althaus è in realtà svizzero (di padre nigeriano), ed aveva iniziato la sua carriera nella moda, diventando uno dei più famosi modelli a cavallo degli anni ’70 e ’80. Aveva precedentemente tentato proprio la carriera di calciatore, giocando per due anni nello Zurigo, ma un serio infortunio al braccio gli precluse questa strada. Un incontro a New York con Lina Wertmüller lo spinse poi ad intraprendere la carriera attoriale.
Il successo ottenuto da L’allenatore del pallone – che prosegue ancora oggi, a distanza di quasi trent’anni – ha fatto sì che la casacca bianca della Longobarda sia ancora oggi ricordata dai calciofili italiani, cosi come il nome della piccola e scalcinata compagine, nonché del suo più famoso calciatore. La Longobarda, per quanto mai realmente esistita, è di fatto un omaggio a tutte quelle “provinciali” che possono contare solo sulle loro forze per contrastare lo strapotere delle “grandi”.
Rappresenta inoltre una sorta di unicum in campo cinematografico, dove salvo qualche caso isolato (potrei citare, a livello internazionale, Fuga per la vittoria), quasi mai si è stati in grado di imbastire dei buoni film intorno al calcio.
Ricordate anche voi con piacere la “mitica” maglia della Longobarda?